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Italia-Polonia in ogni caso è una questione di grandi palleggiatori

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Di Paolo Annoni

Tante partite nelle partite per Italia-Polonia di questa sera alle 21. Match che vale un campionato del mondo, forse qualcosa anche di più per il movimento pallavolistico italiano e perché no, per tutto lo sport tricolore.

Qualcuno scomoderà anche il calcio di quarant’anni fa, Mondiali di Spagna 1982 Italia-Polonia non fu la finale, bensì la semifinale. Le due squadre, con due grandi attaccanti da una parte Zbigniew Boniek e dall’altra Paolo Rossi (buon’anima) si erano già affrontate nel gironcino, ma quell’8 luglio alle 17.15 al Camp Nou di Barcellona Zibì non giocò, era squalificato, così come Gentile che avrebbe dovuto provare a fermarlo, come aveva fatto con Maradona e Zico. Rossi segnò due gol, vinse l’Italia 2-0 con buona pace del polacco più famoso del mondo, Karol Jozef Wojtyla, Papa Giovanni Paolo II, altro grande uomo che in tanti piangono.

Boniek, dopo pochi mesi avrebbe indossato la maglia bianconera della Juventus proprio come Rossi. Sullo sfondo dei Mondiali di calcio di allora, c’erano due nazioni in forte crisi politica e in parte economica. Ma mentre per la Polonia ci furono altri anni molto difficili, in Italia ci si avvicinava al clou del boom economico, dei meravigliosi anni Ottanta. Nel mondo il dualismo tra Usa e Urss la guerra fredda, la corsa agli armamenti, il rischio di un terzo conflitto mondiale, ben incarnato nello sport dai boicottaggi olimpici e nei film dalle pellicole di Silvester Stallone.

A tifare in finale per i Mondiali di calcio Spagna c’era il Presidente Sandro Pertini oggi la speranza è che Sergio Mattarella segua almeno in Tv. In Polonia la figura politica più importante era in sindacalista Lech Walesa, sarebbe diventato Presidente della Polonia nel 1990, ma il mondo già contava su di lui (e sul Papa) per la pace tra i blocchi occidentali e orientali. Tanto che nel 1983 a Walesa venne assegnato il Nobel per la Pace. Difficile oggi identificare una o più figure così autorevoli che possano dirimere la gravissima crisi tra i blocchi scoppiata con la guerra tra Russia e Ucraina, con quest’ultima che, è bene ricordarlo, confina proprio con la Polonia.

Corsi e ricorsi storici insomma. Anche se dal punto di vista prettamente sportivo, la prima sfida nella sfida di oggi è probabilmente quella tra alzatori. Ruolo chiave nel gioco della pallavolo. Ogni azione passa prima dalla loro testa e poi dalle loro mani. Grandi mani in campo e pure in panchina. Da una parte Fefè De Giorgi, che di quella Generazioni di Fenomeni è sempre stato un simbolo, se non forse per i punti fatti e i minuti giocati, per la sua capacità di fare gruppo e di dare il suo contributo nel momento necessario.

Dall’altra parte Nikola Grbic, uno che ci ha messo un pochino a togliersi dal curriculum di essere solo il fratello del grande Vladimir. Era arrivato in Italia 21enne, sponda Gabeca, ha giocato in Italia per vent’anni alla grandissima, chiudendo la sua carriera in Russia allo Zenit nel 2004. E’ tornato ad allenare ancora al top, tra Perugia, Verona, lo Zaksa, la nazionale Serba e quella polacca. Le strade di Grbic e De Giorgi si sono incrociate tantissime volte, ma mai dalla stessa parte della rete. E’ curioso scorrere la loro carriera da giocatore in particolare, sempre a rincorrersi in particolare negli anni della Gabeca e di Cuneo, dove Fefè chiuse pure la carriera. Fefè è più grande di Nikola di 12 anni, ma più basso di almeno 17 centimetri. Entrambi hanno però un palmares con pochi eguali. A livello di Nazionale nessuno può battere De Giorgi però.

Il loro peso in panchina sarà fondamentale questa sera per guidare Marcin Janusz e Simone Giannelli. Facile dire che il peso del valore del palleggiatore migliore sia spostato sul talento italiano, ma sottovalutare il 28enne polacco dello Zaksa sarebbe un errore gravissimo.

E’ di certo il meno noto dei nomi anche di questo articolo, ma si tratta di un gran giocatore e di un professionista molto freddo, lo ha dimostrato in questo Mondiale. “Siamo stati migliori di due o tre punti” ha dichiarato Janusz dopo la vittoria contro il Brasile di Bruno, protagonista mancato invece in questo Mondiale. “Ero nervoso anch’io credetemi – ha aggiunto – posso sembrare calmo, ma tutto ribolle dentro di me, solo che riesco a governare tutto, posso giocare anche molto meglio”. Poi il riferimento agli insegnamenti del coach e grande palleggiatore.

“Mi ha detto che lo stress sarebbe stato normale e che si affronta anche con l’esperienza. Non vedo l’ora di giocare contro l’Italia, anche se mi sento stanco dopo le semifinali. Nonostante la gioia, il mio pensiero è alla finale. Sappiamo di aver fatto un buon lavoro, ma il passo più importante è ancora davanti a noi. Lasceremo da parte la stanchezza e lotteremo per i nostro sogni” ha concluso Janusz ai microfoni di WP SportoweFakty.

Le parole più importanti restano comunque quelle che si dicono al termine della finale e sono in pochi, come sempre, a pronunciarle o a scriverle, e a farle restare nella storia.

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