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Hit Parade: inno agli underdog, alle mamme e ai papà

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Di Stefano Benzi

Chiudiamo la settimana nel corso della quale, giovedì, è stata dedicata la prima giornata della memoria alle vittime della pandemia. Mentre venerdì, in un periodo in cui si parla molto del diritto di essere madri, ecco la festa del papà. Abbiamo buttato tutto nel calderone ed ecco una nuova edizione di Hit Parade, la rubrica che, prendendo a prestito le notizie di volley della settimana, vi offre qualche consiglio musicale a buon mercato.

1. Underdogs al potere

Il mantra degli underdog, i cosiddetti perdenti in partenza, è “…non succede, ma se succede…”. Ebbene, è successo. Il piccolo Itapetininga ha sconfitto clamorosamente in due sole partite il colosso Sada Cruzeiro, dominatore della regular season della Superliga brasiliana e candidato alla vittoria del titolo confederale.

Vi risparmiamo ricerche: la cittadina di Itapetininga è un piccolo sobborgo di Sorocaba, che è una delle province più piccole di São Paulo. In tutto 150mila abitanti. Le due cose più famose della città sono il Bolinho, una polpetta fritta di pollo (ma anche di maiale… yum!) cosparsa di mais e immersa nell’olio bollente che da queste parti mangiano una via l’altra come se non ci fosse un domani e la sua squadra di pallavolo. L’unica realtà notabile a livello sportivo di una cittadina dove la gente si gode una vita quotidiana tranquilla.

Il sogno di tutti i perdenti in partenza: dare una lezione ai superfavoriti. Il Sada, espressione della ricchissima polisportiva del Cruzeiro di Belo Horizonte, sei titoli e altrettante coppe brasiliane, l’unica squadra di volley al mondo che ha vinto una sextupla (titolo, coppa nazionale e supercoppa nazionale, titolo e supercoppa continentale, supercoppa intercontinentale) – come il Barcellona o il Bayern nel calcio – cade al cospetto di Davide. In questa stagione così atipica forse succederà ancora anche altrove.

A proposito di giganti e di cose anche meno pesanti, ma più eloquenti, che cadono. Le canzoni che parlano di cadute sono tantissime: citazione d’obbligo per “Falling from Grace” di Stevie Nicks, “Free Falling” di Tom Petty, “Falling away from me” dei Korn, tutti musicisti che abbiamo già ospitato. All’appello mancano invece i Tears for Fears, che nel 1993 pubblicano “Elemental“, un grande successo commerciale. É il primo disco nel quale Roland Orzabal, grandioso e bizzoso talento che aveva fondato la band una quindicina di anni prima, decide di fare tutto da solo dopo che al culmine di un’ennesima lite il suo amico e socio Curt Smith aveva deciso di andarsene.

Sembra la fine di una delle pop band di maggiore successo degli ultimi trent’anni. E invece Orzabal, accusato di essere immagine ma di non avere lo spessore artistico del suo co-fondatore, realizza un disco bellissimo circondato da musicisti di prim’ordine tra i quali la splendida Gail Ann Dorsey, bassista e co-autrice di David Bowie e Lenny Kravitz. “Break it down Again” è una canzone che parla di rompere schemi e luoghi comuni, di azzerare il valore presunto per mettere il proprio. Tre anni fa i due vecchi amici hanno fatto pace e sono tornati insieme. Realizzando un meraviglioso tour mondiale festeggiato anche in Italia da quattro date a Milano, Padova, Lucca e Roma, un concerto indimenticabile all’Auditorium della musica di Renzo Piano… “Non c’è bisogno di fare nessuna rivoluzione, ma ci potrebbe essere qualcun altro da qualche altra parte che ti mostrerà come fare qualcosa di nuovo e aiutarti con i tuoi alti e bassi”.

Il video ufficiale di “Break it down again”, pubblicata dai Tears for Fears nel 1993

2. Quando cadono e fanno rumore

La splendida impresa di Busto Arsizio a Istanbul contro il colosso Vakifbank merita di essere sottolineata indipendentemente da come andrà la gara di ritorno. Perché, pur augurandosi il meglio, già questo è un risultato straordinario. Il Vakif di Guidetti quest’anno aveva perso due sole partite, quando era largamente incompleto. In Supercoppa nazionale con l’Eczacibasi a settembre e con il THY di Marcello Abbondanza, in campionato, a novembre. La crescita di Busto è sotto gli occhi di tutti ed è frutto di un lento lavoro tecnico, motivazionale e tattico che sta pagando al di là di ogni aspettativa. Uno splendido risultato.

Ecco una canzone che parla di puntare a imprese straordinarie e apparentemente irraggiungibili, affrontando l’incerto senza mai rinunciare a prendere in mano il proprio destino, indipendentemente da chi ti accompagna. È “Driving” degli americani Incubus, gruppo di alternative metal che ha in questo brano la sua versione più intima e soffusa. Da sottolineare al suo interno una citazione di “Drive”, omonimo ma differente e celeberrimo brano dei Cars che meriterebbe un capitolo a parte.

Questa la versione del brano che gli Incubus hanno eseguito dal vivo al Late Show della CBS.

3. Festa del papà e diritto di essere madri

Il 19 marzo è la festa del papà. Non è una questione di politically correct, o di cerchio e di botte, ma semplicemente di cuore. Abbiamo parlato molto del caso di Lara Lugli che questa settimana è tornato d’attualità con una iniziativa curiosa, ma molto seria, di molti giocatori. Anche maschi. In campo con il pallone sotto la maglia per sottolineare la vicinanza a tutte le atlete che rischiano di perdere il lavoro se sono in stato interessante. A questo proposito ci permettiamo una divagazione esterna, il caso di una giocatrice di calcio del Cesena che ha firmato un contratto al settimo mese di gravidanza… Dunque se si può si vuole.

Mentre la questione è diventata anche politica, ed è stata presentata al ministro per le pari opportunità Elena Bonetti, senza troppo clamore, parliamo anche di padri. Magari lontani da figli che crescono altrove, costretti a lavorare troppo perché i conti non tornano, forse schiacciati da responsabilità che impediscono loro di vivere pienamente la gioia di essere padri e in famiglia. Il discorso è molto complesso. E non vogliamo renderlo pesante.

C’è una canzone molto particolare che racconta in modo dolce una storia drammatica, quella di Eric Clapton. Tutti sanno che il grande chitarrista perse il figlio Conor, avuto da Lori Del Santo, in un tragico incidente domestico. E che dopo diversi anni di depressione e di sensi di colpa, Clapton scrisse uno dei suoi più grandi capolavori per esorcizzare il proprio dolore, “Tears in Heaven” (“mi terrai la mano se un giorno ci incontreremo in Paradiso, devo essere forte tirare avanti e aspettare perché per ora non ho diritto di stare in Paradiso…”).

Qualche anno dopo scrisse “My Father’s Eyes”, dedicata a quel padre che non aveva mai conosciuto. Clapton era cresciuto con gli zii. Quando la nonna gli rivelò il vero nome di suo padre, e Clapton andò a cercarlo, era ormai troppo tardi. Suo padre era morto di leucemia. In questa canzone Clapton dice… “mi sento uno straccio in balia degli eventi. Ma come sono arrivato fino qui? E che cosa ho fatto? Che fin faranno tutte le mie speranze? E infine quando lo conoscerò? Quando potrò guardare dritto negli occhi di mio padre?” Una canzone sul rimpianto di non essere stato figlio e di avere perso un figlio. Forse non c’è dramma più atroce.

Questa la meravigliosa versione elettrica di “My Father’s Eyes” durante il tour di presentazione dell’album “Pilgrim”, 2015.

Al Crossroads Festival di New York, Madison Square Garden (2013) Clapton interpreta una versione deliziosa di “Tears in Heaven”.

https://youtu.be/ueXtbIQ3shY

E chiudiamo, come sempre, con la playlist completa su Spotify per risentire tutti i brani della nostra Hit Parade.

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