Dante, il gigante che ha pianto ai piedi dei bambini

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Di Stefano Benzi

Chi lo conosce – chi scrive lo conosce discretamente bene avendolo intervistato almeno sette, otto volte – lo descrive come una persona buona, profondamente mite. Un cavalier cortese capace di imprese coraggiose e di gesti fisici da superuomo ma anche di slanci di generosità autentica e umile. Un gigante buono: Dante è alto 2.01 ed è uno dei giocatori che vanta la massima estensione da braccio a braccio. Quando cammina ciondola queste braccia lunghissime e sembra quasi non sappia dove mettere le mani: a volte le infila in tasca, altre le tiene dietro la schiena.

Ah già… la schiena: un’autostrada. Con il suo lungodorsale potrebbe tranquillamente darsi al wrestling senza difficoltà. Ha fatto collezione di titoli nazionali ovunque: Brasile, Russia, Giappone, Grecia, tre titoli mondiali e un oro olimpico.

Dante è anche una persona molto sensibile alle politiche infantili: ha fatto moltissima beneficienza in Brasile per gli ambulatori delle favelas e le malattie dei bambini. Nato da una famiglia borghese che gli ha consentito studi regolari, nuoto e canottaggio, Dante è stato un privilegiato: non è nato nelle baraccopoli di Rio o di São Paulo ma a Itumbiara, una bellissima cittadina nell’interno del paese nello stato di Goiàs. Lui ha sempre sostenuto di essere stato fortunato: “Ho avuto un fisico benedetto da Dio – diceva – ho potuto fare sport a livello professionale quando avevo quindici, sedici anni. Ho girato il mondo, ho guadagnato bene e ho sempre ritenuto giusto restituire quello che ho ottenuto”.

Negli ultimi anni ha continuato ad allenarsi ma non è riuscito a evitare che la tartaruga che aveva parcheggiato sull’addome si girasse dall’altra parte. Lui, che in patria è sempre stato considerato un sex symbol, ci scherzava sopra: “Dovevo fare in modo che i ragazzi più giovani facessero bella figura…”.

All’inizio di questa stagione il contratto con il Funvic Taubaté: “Potrebbe essere l’ultimo” disse. Lo è stato. Nell’ultima partita in casa al Ginasio do Abaeté, il suo addio ai tifosi locali è stato messo in secondo piano da una mezza rissa causata dai tifosi di casa che erano furibondi per una presunta provocazione di Leal (clicca qui). Poche le immagini che hanno documentato il suo saluto ai tifosi di casa.

Molto più intenso quello che si è visto a Belo Horizonte al termine della partita vinta dai locali del Sada Cruzeiro sul Funvic. Al Riacho, l’impianto della squadra Mineira c’è una bella abitudine: le prime fila delle tribune vengono lasciate libere per i bambini. I genitori si mettono d’accordo prima della partita sul punto d’incontro e se li portano a casa dopo il match.

Mentre in tutta l’arena si festeggiava, Dante ha fatto il suo ultimo giro di campo e quando è arrivato davanti ai ragazzini della squadra di casa si è appoggiato con un ginocchio a terra e si è messo a piangere. Molti i bimbi che sono andati a consolarlo e ad abbracciarlo. L’ho trovata una immagine meravigliosa, non così scontata.

Il giorno dopo l’addio di Dante è arrivata la “convocazione” di Daniel Vilela, candidato dell’MDB, il partito democratico brasiliano che sta cercando di portare in parlamento Tifanny (che ha già dato il suo OK, leggi qui) e Dante.

Dante, medaglia d’oro olimpica ad Atene ha risposto così: “Dovrei essere sicuro che la politica è un ambiente più pulito di quello sportivo. Al momento non ne ho garanzie, e il margine di miglioramento nell’ambito sportivo è considerevole. Voglio occuparmi di giovani bisognosi di cure e di studi, comincerò da Itumbiara e poi cercherò di coinvolgere altri atleti: si può fare molto anche senza per forza essere un politico di professione”.

Le parole di Dante hanno suscitato molto clamore perché in Brasile, dove si voterà a ottobre si sta vivendo un momento di profonda disillusione nei confronti della politica dopo gli arresti e le numerose indagini legate a corruzione e appalti gonfiati.

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