Meno male che è finita, starà pensando qualcuno alla CEV. Il weekend di Final Four Champions League femminile non è stato quello che si potrebbe definire un successo dal punto di vista organizzativo. In primis il flop di pubblico dovuto al fatto che si è scelto di giocare in Turchia nonostante fossero presenti tre squadre italiane su quattro, per altro andate tutte a medaglia.
Questo perché la scelta della sede viene fatta a ridosso dei quarti di finale. Col senno di poi però sarebbe consigliabile prevedere un piano B, una alternativa. In soldoni, giocare d’anticipo e prendere accordi con una città italiana e una turca e poi scegliere tra queste una volta definite le quattro finaliste, tanto ormai si è capito che sono queste le due Federazioni che alla fine si contendono la coppa più importante in questo periodo storico.
Per quanto apprezzabilissima la scelta di giocare in un impianto prestato dal basket, l’Ülker Sports Arena si è rivelata essere fin troppo grande per un evento che di tifosi locali ne ha attirati davvero pochi. Basti pensare che tra sabato e domenica l’affluenza sarà stata in media di circa 5.000 spettatori a fronte di una capienza di 13.500. Neanche la metà.

L’altra sorpresa la CEV l’ha avuta dalla nascita della WEVCA, associazione che riunisce gran parte dei club d’élite di tutta Europa, tra l’altro con una nutrita rappresentanza proprio di quelli turchi (tutti i più forti) e italiani (al momento Milano e Scandicci). Il presidente della CEV, Roko Sikirić, al momento non commenta sulla WEVCA, ma quest’anno è apparso evidente che forse un dialogo più fitto con le società potrebbe portare solo benefici per tutti, anche sotto l’aspetto organizzativo.
Nella giornata di domenica, poi, calato il sipario sulle due finali che hanno definito il podio, tra lo stupore generale si sono viste salire sul palco come miglior sestetto del torneo sette giocatrici, e un allenatore, che hanno ricevuto, non ce ne vogliano, dei premi onestamente senza senso, almeno in parte, perché assegnati tramite una votazione che si è chiusa settimane fa e che ha prodotto questi risultati:
Miglior opposto: Paola Egonu
Migliori schiacciatrici: Gabi e Zhu Ting
Miglior palleggiatrice: Alessia Orro
Migliori centrali: Lubian e Kurtagic
Miglior libero: Moki De Gennaro
Miglior allenatore: Giovanni Guidetti

In ogni Final Four che si rispetti, l’All Star Team viene scelto alla fine del torneo. Qui non c’è ad esempio Haak, che per fortuna è stata poi nominata MVP delle finali grazie ai voti dei giornalisti presenti. Così come non c’è Wolosz, oppure Santarelli, che la Champions l’ha vinta per il secondo anno di fila, tanto per dirne una, o al massimo Gaspari, unico nel torneo a non aver perso un set se non in finale, che era anche la prima per Scandicci, squadra senza rappresentanti in questa premiazione. Altro scandalo.

Proprio la Savino Del Bene, poi, oltre al danno ha dovuto subire anche un paio di beffe, chiamiamole pure gaffe. La prima riguarda il pullman assegnato alla squadra, sulla cui fiancata campeggiava un bel refusone: ‘Savino del Benne’. Gli scaramantici non l’hanno presa bene, o benne, fate un po’ voi. La seconda durante la premiazione, quando lo speaker del palazzetto ha chiamato la squadra (seconda classificata del torneo!!!) come Numia Vero Volley Milano. Formazione, quella lombarda, che tra l’altro aveva già chiamato pochi istanti prima e che già aveva preso posto sul terzo gradino del podio. Ma vabbè, so dettagli…

Un finale surreale e tragicomico, insomma, che ha chiuso una Final Four di altissimo livello dal punto di vista sportivo, un po’ meno, lo ripetiamo, da quello organizzativo.
Di Giuliano Bindoni