Edgardo Ceccoli, beacher a tempo pieno: “Inseguo un sogno chiamato Olimpiadi”

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Di Roberto Zucca

La decisione era nell’aria, ma forse lo stop forzato del volley e il desiderio di togliere le scarpe e vivere solo di sole, mare e sabbia hanno fatto il resto. Edgardo Ceccoli lascia la pallavolo. E lo fa con la consapevolezza di voler inseguire qualcosa di grande:

Lascio perché sogno una carriera nel Beach Volley a tempo pieno. Ho un sogno, e si chiama Olimpiadi. L’orologio e la data lo sposto al 2028, ma inizierò a pensare di poter puntare ai cinque cerchi nel 2024. Intanto ho preso la decisione di trasferirmi a Milano e di partire da una città in cui allenare e dedicarmi all’allenamento sette giorni su sette”.

Ha già trovato una collocazione?

Si, aderirò al progetto di Andrea Raffaelli e allenerò con la sua Gran Team Academy a Milano. Ci siamo confrontati nelle scorse settimane e mi ha proposto di entrare nel suo team. Io ho accettato con entusiasmo. A Milano avrò la possibilità di allenarmi e giocare in inverno con alcuni degli atleti migliori del momento, e questo sarà uno stimolo”.

Poi l’estate. Chi sarà il suo compagno?

Ho giocato una bellissima stagione con Francesco Cottarelli e impegni suoi pallavolistici e non, spero di poter ricreare il sodalizio. Vorrei continuare ciò che avremmo dovuto riproporre quest’anno, ovvero giocare con continuità e serietà il campionato italiano. Capiremo strada facendo”.

Lei è uno degli atleti più interessanti del nuovo panorama del Beach Volley italiano. Chi o cosa l’ha dirottata sulla sabbia?

La passione. La sabbia intesa come Beach Volley l’ho toccata per la prima volta a 5 anni. Arrivo da una famiglia di pallavolisti, mamma ha giocato in serie B e mio zio Luigi Di Silvestre in A. È stato un collegamento naturale trascorrere la stagione invernale, dopo qualche anno in cui ho fatto qualsiasi cosa, giocando a pallavolo. E Ortona è stata la squadra in cui ho esordito in serie A2 molto presto”.

Alcune stagioni in A2, poi in A3. Le è mancato il mercato quest’anno?

Assolutamente no. Ho rinunciato ad un’ottima proposta per la A3, sia economica, sia professionale, perché mi avevano proposto il posto 4 fisso. Ci ho ragionato e non ho avuto tutti dalla mia parte, ma mi creda, non sono mai stato così consapevole della decisione che ho maturato”.

Si è chiesto quali siano le cose a cui sta rinunciando?

Ho avuto molti anni per capire dove potessi arrivare con la pallavolo. Le dico in totale onestà che avrei potuto puntare ad una buona A2. Ho giocato schiacciatore e la fisicità tipica del posto 4 per puntare più in alto richiede qualcosina di più. Nel beach penso di poter dire maggiormente la mia. E posso pretendere di più. Ecco, ho rinunciato al volley per poter puntare a qualcosa nella quale ho l’obiettivo di arrivare più in alto”.

Il beach è la sua vita?

Sì. Lo è stata, lo è, e voglio che lo sia per molto tempo. È la mia seconda pelle. O meglio, sarà sempre la prima pelle”.

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Osaka Blazers Sakai. Tutto o niente. Bianco o nero, o bianco e rosso se si ragiona per cromatismi della vita, e per la nuova bandiera d’appartenenza pallavolistica di Tommaso Rinaldi. La vita è fatta di cambiamenti, spesso radicali, di sfide che portano uno dei primi di italiani, ma di quelli che si candidano ad essere primi della classe a sbarcare nel campionato nipponico, dopo un passato anche recente fatto di Modena, patria del tifo sfegatato, del palazzetto che si riempie dell’entusiasmo e della mitomania, che è poi tipica del giapponesismo del volley. Lui è Tommaso, occhi di ghiaccio, voglia ed esigenza di essere più grande dei suoi 24 anni, destino di essere grande tra i grandi. 

L’entusiasmo per questa nuova avventura c’è tutto, anche se il pensiero di rinunciare a ciò che lo rende uno dei volti più interessanti della Superlega è tuttora presente.

“Osaka è nata per caso. È una destinazione a cui non avevo mai pensato finché all’inizio dell’anno, l’allenatore dei Blazers mi ha contattato su Instagram per sondare la volontà o la mia curiosità di giocare in un campionato così lontano da casa. Se vogliamo, lontananza a parte, è un campionato davvero diverso dal nostro, ma stimolante”.

Non voglio parlare della trattativa in sé. Volevo capire come è iniziato il suo processo di lento sradicamento da una città che lei ama tanto.

“C’è stato subito il confronto con la mia famiglia e con il procuratore anche solo per capire assieme cosa pensassimo di un passo del genere. Non ho ragionato pensando a ciò che mi veniva offerto, non è stato quello l’aspetto che mi incuriosiva di più. Ho pensato se fosse un’opportunità a quest’età e se davvero il Giappone potesse rappresentare un investimento sulla mia carriera”.

Che risposta si è dato?

“Sono rimasto colpito dall’attenzione e dal pensiero fatto da parte della società. Inizialmente ho pensato anche a Modena, perché non volevo lasciarla. Al di là della società in cui sono cresciuto, in cui ho vissuto per moltissimi anni, il pensiero è andato a ciò che mi ha dato tanto e che avrei dovuto lasciare. Ho un’offerta biennale a Osaka, segno che il progetto è lungo e che la volontà di fare bene c’è tutta”.

So che troverà un giocatore che già conosce.

“Sì, Matt Anderson. Saremo compagni di squadra e potremo fare assieme una bella stagione”.

Anderson e Rinaldi. Possiamo fare delle similitudini?

“Mi dica”.

La pallavolo giapponese vive di simbolismo, un po’ come tutta la cultura. Penso ai vostri due volti. C’è tanto marketing. Siete molto belli, siete due volti innocenti, siete un po’ uno stereotipo occidentale. Il volley un po’ pop vende biglietti?

“Sicuramente faremo clamore. Se parliamo di canoni estetici, rappresentiamo forse qualcosa di pulizia e trasparenza, non so quanto questo conti. Sono un popolo molto devoto alla pallavolo, molto attento, che esprime con moderazione ed educazione la propria gratitudine e il proprio affetto e simpatia nei confronti degli atleti”.

L’emozione c’è?

“C’è curiosità. Partirò ad agosto e sarò solo in questa prima fase. Se mi vuole chiedere quanta paura ho della solitudine, del fatto che sarò dall’altra parte del mondo per la prima volta per così tanto tempo, le dico che dovrò imparare a gestire tutto, ma sono fiducioso. Papà e mamma sono stati determinanti e mi hanno lasciato libero, senza il rimpianto di non avermi più a Modena a due passi da casa”.

Rinaldi, mi fa specie vederla diventare così grande.

“Sono cresciuto anche io. Questa è una grande occasione arrivata nel momento giusto”.

Intervista di Roberto Zucca
(©Riproduzione riservata)