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Dragan Travica ricomincia da Perugia: “Sono felice e curioso”

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Di Roberto Zucca

Iniziare un nuovo cammino. Senza avere paura. Perché l’idea di percorrere una strada e arrivare alla meta è una metafora che racconta tanto della carriera di Dragan Travica. Quella meta si chiama Sir Safety Conad Perugia e per Travica rappresenta la ripresa di un cammino verso obiettivi importanti:

Perugia è una grande opportunità a cui non potevo dire di no. Non solo perché è una società che mi ha fortemente voluto, ma perché rappresenta un modo inedito di rimettersi in gioco dopo alcune stagioni bellissime trascorse a Padova. Sono felice e cercherò di sfruttare l’occasione, senza però nessuna pressione iniziale. E poi il PalaBarton è una delle arene più belle e appassionate del volley italiano. Sono curioso di giocarci, non da avversario”.

Il suo arrivederci a Padova lasciava intendere un grande affetto da entrambe le parti.

Negli anni ho sempre detto a Stefano Santuz che non sarei andato via per ricoprire un ruolo in una diretta competitor di Padova. Dicevo che avrei pensato di lasciare una città che è la mia città solo per una proposta di una grande squadra, come quella che Perugia mi ha prospettato. C’è sempre stata la massima comprensione su questo, e quando ho comunicato che avrei accettato l’offerta della Sir la dimostrazione di affetto e stima per il lavoro fatto è prontamente arrivata”.

Parole di stima sono arrivata anche dall’assessore allo Sport di Padova, Bonavina. È diventato un punto di riferimento per lo sport cittadino?

Mi fa piacere che me lo dica, ma penso che sia Spazio 21, il progetto che abbiamo messo in piedi con Andrea Garghella e Davide Grigolon ad essere diventato un punto di riferimento per la città. Abbiamo creato uno spazio comunitario in cui lo sport la fa da padrone. È stata una delle cose più belle che abbia fatto nei miei anni padovani”.

È diventato imprenditore. Di cosa si occupa?

Curo le relazioni esterne e i rapporti con i partner per il centro. Garghella gestisce la parte tecnica e Grigolon la parte gestionale. Ma in realtà tutti facciamo tutto. Mentre parlo con lei stiamo tutti facendo manutenzione per il centro. Attendiamo la riapertura, che dovrebbe avvenire a breve per tutto il centro. Non siamo stati con le mani in mano in questo periodo. Abbiamo perso qualche evento, ma sono sicuro che ci rifaremo”.

Faccio l’avvocato del diavolo. Avrebbe accettato l’offerta di Perugia anche senza tutti gli strascichi del Covid-19?

Assolutamente sì. Non ci sono state ragioni esterne che mi hanno fatto prendere delle decisioni. È una scelta che ho fatto io, al 100%. E di cui mi prendo ogni responsabilità in caso di successo o meno”.

Qualcuno ha scritto che lei è stata una seconda scelta. Cosa risponderebbe ai suoi detrattori?

Che a me non risulta. Se poi prima di contattare me hanno preso in esame nomi come Bruno o Giannelli, hanno fatto solo che bene. Sono palleggiatori fortissimi, avrei fatto lo stesso anche io”.

In un comunicato Recine l’ha definita un leader. È la qualità che l’ha aiutata a diventare il cardine della Kioene in questi anni?

Serviva un punto di riferimento ed io ho messo sul piatto la mia esperienza. Ho lavorato con alcuni atleti giovani che sono cresciuti tanto. Che parte di quel processo di crescita lo si debba al mio contributo di giocatore e capitano, è piacevole pensarlo. Recine mi conosce dai tempi di Macerata, sono contento che abbia visto in me questa dote”.

Anni fa Luciano De Cecco prese il suo posto a Montichiari. A ruoli invertiti come ci si sente?

Mi ci fa pensare ora. Il destino forse ha voluto così. Era molto giovane quando arrivò a Montichiari e fece bene. Era già un ottimo palleggiatore. Tra di noi c’è sempre stato molto rispetto sotto rete. È una persona che ho sempre stimato”.

Cosa vi differenzia?

“(ride, n.d.r.) Lui ha le mani decisamente migliori delle mie…

A Perugia trova Leon e Atanasijevic. Quanto è stimolante giocare con atleti così?

Molto. Leon per la prima volta me lo ritroverò dalla stessa parte del campo e non sarà costretto a passarmi sopra. È un atleta impressionante da vedere al di là della rete. Con Bata ci siamo trovati in tante battaglie, sia nel club che in nazionale, e tra noi c’è sempre una sana competizione e una stima professionale alta. Ha un carattere molto forte. Sarà interessante lavorare con entrambi”.

Lei pensa che il suo debito nei confronti di alcune scelte professionalmente sbagliate, ad esempio l’Iran, sia stato estinto?

Non mi piace pensare col senno di poi. Quando all’epoca feci queste scelte, l’Iran o la Turchia, lo feci con la testa. Della Turchia rimpiansi solo il non aver ottenuto la qualificazione alla final four di Champions, che era il mio vero obiettivo. Quella scelta la feci anche in chiave nazionale, anche se poi in nazionale non ci misi più piede. In Iran volevo giocare con mio padre. Professionalmente lo rifarei, anche se magari con mio padre preferirei giocare nel campionato svizzero piuttosto che tornare in Iran!”.

Suo cognato, Cristian Savani, ha lasciato il volley giocato.

Mi emoziono quando ci penso. Quando rileggo le sue parole mi vengono in mente gli anni trascorsi assieme a Macerata e in nazionale. È stato un atleta straordinario, un campione e un uomo da cui ho imparato tanto. I miei momenti con Cristian sono legati al rapporto con la mia famiglia. Penso alla sera in cui Mihaela (Travica, n.d.r.) gli disse di aspettare mia nipote, prima della gara con gli Stati Uniti alle Olimpiadi. Penso a quello che abbiamo vinto assieme, ai momenti in cui io, mia sorella e lui abbiamo condiviso gioie e dolori. Mi chiede troppo per continuare a parlarne. Le dico solo che sono sicuro che al di fuori del campo di pallavolo farà una carriera altrettanto stupenda di quella fatta da giocatore e da capitano”.

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