Quando nel 1994 la Nazionale maschile di Velasco vinse l’oro mondiale ad Atene, un ragazzino di 14 anni, magro ed introverso, rimase incollato tre ore alla tv ad ammirare le gesta di quei campioni che sembravano dei dell’antica Grecia con la loro tecnica e la loro potenza, la loro tranquillità nel gestire palloni anche nei momenti più importanti.
Da quella sera una fiammella si accese nel cuore di quel ragazzo, che abbandonò definitivamente il calcio, andò a comprarsi il poster di quella squadra e lo appese sopra il letto, sognando ogni notte di ripercorrere le gesta di quei ragazzi straordinari. Anni di impegno, fatica, sudore… estati passate con le nazionali giovanili, infortuni, momenti di gioia e di sconforto per assecondare una fiammella accesa nel cuore in quel lontano 1994 e mai più spenta, quella della passione. Il cerchio si chiuse una calda estate del 2004, quando quel ragazzino, ormai grande, ma dall’aria perennemente sognatrice, si trovò a giocare la finale Olimpica ad Atene… e in campo con lui alcuni protagonisti di quella partita pazzesca del 1994.
Perché questo lungo preambolo? Perché l’impresa compiuta dalle nostre ragazze in Thailandia, sommata a quel cammino straordinario intrapreso poco più di un anno fa con Julio Velasco, è uno di quegli eventi ‘market mover’, di quei momenti che entrano nella pelle dei tifosi, degli appassionati per non uscire più. Lo vedo dagli occhi dei tifosi, lo vedo dai commenti sui social, lo vedo negli occhi delle mie figlie, piccole pallavoliste in erba, che domenica notte, ancor più forte di prima, quando hanno chiuso gli occhi si sono immedesimate nelle nostre campionesse. E anche se sportivamente parlando sono stati 5 set di agonia e sofferenza, di emozioni altalenanti da far traballare le nostre coronarie, il regalo che queste splendide ragazze d’oro si sono fatte e ci hanno fatto è smisurato.
Il sorriso di Alessia anche nei momenti più tesi. La grinta di Myriam che trascina le compagne anche quando la speranza traballa. La tenacia di Sarah che prende a murate un destino spesso a lei avverso. La sicurezza di Anna al centro della rete che fa sembrare ogni cosa una passeggiata. La voglia di Stella di alzare ancora di più la sua personale asticella. La classe di Moki che amministra la seconda linea azzurra come fosse la Banca d’Italia. La forza imperiosa di Kate che dimostra che il dualismo con Paola è solo nella testa di alcuni. Abbiamo due “numere UNO”, e ce le teniamo strette. E veniamo a Paola, ragazza che ho conosciuto durante il suo percorso al Club Italia a 16 anni. Mi colpì subito la sua voglia di imparare, la sua curiosità. Si porta sulle spalle un fardello pesante, un fardello che schianterebbe tanti, e invece ancora una volta ha saputo reggere tutto quanto, in silenzio come solo i migliori al mondo sanno fare.

Fanno sembrare tutto facile queste campionesse, queste atlete che per raggiungere la vetta hanno dovuto soffrire, lottare ogni giorno, con i loro club e la Nazionale, per alzare il livello ogni partita di più, perché dietro ciascun grande successo ci sono fatica e impegno, niente arriva per caso. Anche i giocatori di maggior talento devono spingere al 100%, anzi, forse loro anche di più perché devono essere la guida per tutto il gruppo.
E veniamo al post mondiale. Il mondiale vinto lascia a tutto l’ambiente una grande responsabilità, quella di dare un futuro a tutte quelle ragazze e ai ragazzi che si avvicinano ogni anno al nostro bellissimo sport, quella di lasciarli liberi di sognare, di vivere le emozioni (positive e negative) che lo sport regala. Di farli crescere come donne e uomini in un ambiente sano, dove ancora si trovano valori che sembrano démodé e la meritocrazia e l’impegno sono i metri di giudizio.
Io sono di Milano, e a Milano la situazione dello sport in generale è sicuramente preoccupante. Pochi impianti che vengono contesi fra bandi comunali e provinciali da società sempre più in difficoltà a gestire bilanci risicati, costi delle palestre esplosi negli ultimi anni che a volte costringono le associazioni anche ad alzare i prezzi di iscrizione, addirittura realtà che per mancanza di spazi devono lasciare a casa ragazzine e ragazzini, con il rischio che non trovando alternative finiscano per prendere in mano un telefonino per non lasciarlo più….
Nell’anno delle Olimpiadi di Milano Cortina, in cui come sempre tutti abuseranno di parole imprescindibili nello sport come rispetto, valori, sacrificio, unione, sarebbe bello si pensasse davvero ai nostri ragazzi, al loro futuro, a dar loro strutture degne di tale nome in cui allenarsi, aiuti alle famiglie più bisognose, perché lo sport è di tutti e deve rimanere per tutti.
Chiudo con un pensiero per i genitori, figure chiave per i ragazzi, ma che troppo spesso scaricano sui figli le proprie aspettative e i propri sogni. La fiammella è accesa nel cuore dei vostri figli e solo loro possono alimentarla, noi possiamo sorridere alla loro gioia, stringerli forte nei momenti difficili, fare i tassisti agli allenamenti e anche la domenica mattina, lasciando però i nostri figli liberi di sognare, liberi di pensare alle nostre fantastiche ragazze azzurre e di vestire un giorno la stessa maglia!
Guardate gli occhi dei vostri figli mentre fanno sport, mentre guardano una partita al palazzetto o in televisione. La loro gioia, la loro energia è l’energia di cui tutti noi abbiamo bisogno.
Di Paolo Cozzi
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