Dopo la Supercoppa, il Mondiale per Club. Dopo Milano, Scandicci. Dopo Lavarini, Gaspari. Dopo una stagione da en plein (Superoppa, Mondiale, Coppa Italia, Scudetto e Champions League), due finali giocate e nessun trofeo conquistato. Ci può stare nello sport, prima o poi doveva capitare. A questa Imoco, poi, di perdere due finali in una stagione era già successo nella storia recente, e più di una volta: nel 2017/2018, quando sfumarono Coppa Italia e Supercoppa; nel 2018/2019, ancora Coppa Italia e Champions League; nel 2021/2022, Mondiale per Club e Champions League. Perché allora queste due finali perse fanno rumore?
All’estero, soprattutto negli Stati Uniti, dove la cultura sportiva è avanti anni luce a noi, quanto fatto e costruito dal club veneto nell’ultimo decennio lo chiamerebbero Legacy. In Italia invece una squadra che vince troppo, e troppo a lungo, finisce col dare fastidio. ‘Stanno ammazzando l’interesse per il campionato. Stanno ammazzando il movimento femminile in Italia‘. Cose così… Un pensiero sempre più comune nell’ambiente perché la tendenza è quella di fissare il dito, senza guardare oltre. Se Conegliano oggi è caduta, bisognerebbe dire invece Viva Conegliano perché le sue vittorie, il suo ciclo, la sua Legacy hanno costretto chiunque in Italia ad alzare la propria asticella per cercare di arrivare a competere allo stesso livello, e non solo in termini di risultati sportivi.
È il caso soprattutto di Milano e Scandicci, che sono prima arrivate a sfidare le Pantere nelle finali scudetto, ma poi anche alle fasi finali di Champions League e proprio del Mondiale per Club. Ma è il caso anche di tutte le altre squadre, Novara e Chieri in cima, che le altre competizioni europee le hanno giocate e vinte. È il caso, soprattutto, di un movimento che in Europa, a livello di club, ha sempre dominato la scena e nelle ultime due stagioni ha fatto filotto. È il caso, anche, di una Federazione che si è ritrovata con la Nazionale più forte del secolo, forse di sempre, perché imbottita di giocatrici di Conegliano (di ieri e di oggi) e avversarie che ‘per colpa’ di Conegliano sono diventate a livello individuale tra le più forti al mondo. Vedi Antropova, vedi Orro.
Tutto questo fa onore all’Imoco, lo diciamo da tempo e lo ripetiamo ancora, ma c’è qualcosa in queste due finali perse che, come detto, fa rumore e fa riflettere. L’impressione, ad esempio, che questa squadra, ora ovviamente ferita, non accetti la sconfitta con la stessa eleganza con cui le sue avversarie, per un intero decennio, le hanno tributato i giusti meriti, il giusto valore, la manifesta superiorità.

I musi lunghi, in stile Mercoledì della Famiglia Addams, regalati ai fotografi sul podio, non sono stati un bel vedere. Men che meno le smorfie e gli sbuffi di una giocatrice del calibro di Gabi, frustrata, ha raccontato alla stampa brasiliana, perché voleva festeggiare con amici e parenti con una medaglia d’oro al collo. Una corazzata come questa, piena zeppa di campionesse italiane e straniere, avrebbe dovuto tenere alta l’asticella anche nella comunicazione, nel body language, comunicando diversamente la propria delusione, sfruttando quel momento per dire al mondo ‘ciclo finito? State parlando di Conegliano, meglio non provocarci’. Più che agguerrite, invece, alle prese con una cosa nuova per loro che si chiama sconfitta, si sono mostrate offese.
Nello sport contano solo i risultati, lo sappiamo, sono la sostanza, ma non di meno è importante la forma, tanto nelle vittorie quanto nelle sconfitte. Non pubblicare i video delle dichiarazioni post partita sui propri canali YouTube e social, come siamo abituati a vedere dopo ogni partita (vinta), è stato, ad esempio, con rispetto parlando, un autogol, una caduta di stile non da Imoco. Anche perché Daniele Santarelli parlare aveva parlato, e come sempre lo aveva fatto con grande signorilità ed estrema lucidità.
“Complimenti a Scandicci perché ha fatto un’ottima partita. Da parte nostra c’è molto rammarico, soprattutto per le occasioni avute nel primo set. Sappiamo che Antropova è un’ottima battitrice, ma dovevamo lavorare diversamente e abbiamo perso il set. Peccato, perché poi ne abbiamo risentito giocando un secondo set brutto, a livello di nervosismo il peggiore che abbiamo fatto. Poi siamo riusciti a ricucire i pezzi, a rigiocare una buona pallavolo. Nel quarto set eravamo sotto nel punteggio, poi l’avevamo ripresa facendo cambi continui per aiutare la squadra in quel momento lì, ma come detto c’è rammarico. Rammarico perché le occasioni le abbiamo avute, tante, troppe, fra invasioni, rigori non chiusi, e le occasioni così si pagano a caro prezzo. Peccato. Ora dobbiamo per forza di cose leccarci le ferite, capire che questo è lo sport, questa è la pallavolo, e dobbiamo di sicuro far tesoro di quello che è successo. Dobbiamo e vogliamo fare meglio. Sappiamo che dobbiamo crescere e giocare un altro tipo di pallavolo. Lo vogliamo a tutti i costi. Oggi fa male ed è giusto che sia così. Voglio ringraziare i tifosi, quelli che ci hanno seguito sin qui e quelli che lo hanno fatto da casa, la società e gli sponsor che ci hanno sostenuto in questi giorni. Faremo di tutto per dare altre gioie a questo club e a questi tifosi“. Questo il commento di Santarelli, ottenuto su diretta richiesta all’ufficio stampa, che comunque ringraziamo per avercelo fornito in tempo zero.
Ora le questioni sono due. Se quei musi lunghi porteranno pessimismo e fastidio all’interno dello spogliatoio, Santarelli avrà un grosso problema da risolvere, e non è detto che ci riesca. Se invece quei musi lunghi volevano essere un monito, tradotto ‘una pantera ferita, è una pantera che attaccherà con più ferocia la prossima volta’, allora il problema ce l’avranno le avversarie. In Italia (lo scopriremo subito in Coppa Italia) e in Europa dove, sempre per colpa della Legacy di Conegliano, le grandi squadre turche stanno spendendo cifre folli per buttarla giù dal trono.
Di Giuliano Bindoni
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