Cisco Recine e Cristian Casoli ricordano l’era della Mediolanum di Berlusconi

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Foto Sir Safety Perugia/Cuneo Volley
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Nel 1989 l’allora imprenditore sportivo e magnate delle televisioni Silvio Berlusconi decide di investire anche nella pallavolo. È così che il “Cavaliere”, scomparso qualche giorno fa, acquisisce il diritto sportivo da Mantova e parte alla conquista del volley con la Mediolanum Milano. Sebbene il suo sogno di vincere tutto con il calcio, il rugby, l’hockey, il baseball e il volley, creando quel sogno ad occhi aperti che fu la Polisportiva Milan, sia rimasto vivo per alcune stagioni, possiamo affermare che la gallina dalle uova d’oro e il vero gioiello di Berlusconi sia sempre stato il calcio.

Per il volley, con altrettanta onestà intellettuale, è corretto affermare che cercò da subito di fare le cose in grande, allestendo un roster che annoverò al suo interno campioni del calibro di Zorzi, Lucchetta, Ctvrtlik, Galli, solo per nominarne alcuni. In quegli anni ruggenti, in cui la Mediolanum cercava di stare al passo della Messaggero Ravenna, della Maxicono Parma e della Sisley Treviso, riuscendo ad ottenere due titoli al Mondiale per Club e una Coppa delle Coppe l’anno successivo, Stefano “Cisco” Recine giocò dal 1990 al 1992 e poi esordì da dirigente sportivo ad appena 35 anni:

A Berlusconi e Foscale, che era il suo braccio destro nel volley, sarò sempre riconoscente. Era il 1992, l’anno del nostro secondo Mondiale per Club, quando entrambi mi spalancarono le porte dei miei 31 anni di carriera da dirigente nel mondo della pallavolo. A una cena di fine stagione, a cominciare da Zorzi e Lucchetta, mi stuzzicarono, tirandomi un po’ in mezzo su questo papabile incarico; e io, anche se avrei voluto ancora giocare, accettai ben volentieri la proposta di Foscale e Berlusconi di passare dall’altra parte“.

Bertoli Zorzi Lucchetta Recine Mediolanum Milano Mondiale per Club
Foto Wikipedia

Sono anni indimenticabili e incomparabili. Mi dica quanto Berlusconi teneva alla pallavolo.

Si appassionava molto, era un visionario dello sport. Mandò tutti noi dirigenti a fare formazione, cercando di apprendere ‘l’amor por la camiseta’ tipico del calcio sudamericano. Voleva che tutti imparassero la cultura dell’attaccamento, della filosofia dello sport vincente del Sudamerica. Poi certamente la sua passione per il calcio era nota a tutti. Ma le dirò, era uno che oltre a provare amore per il pallone, capiva davvero molto di quel mondo. Lo ricordo avere delle vere e proprie discussioni con Capello, facendo dei disegni di tattica sulla tovaglia. Capello in quegli anni, da capo della Polisportiva, prese il posto di Arrigo Sacchi come allenatore. Berlusconi anche in quell’occasione ci vide lungo, perché Fabio vinse molto con il suo Milan“.

Sicuramente con la pallavolo vinse tanto all’estero.

A lui piacevano i tornei intercontinentali. L’affermazione all’estero era un suo pallino. Faceva di tutto perché tutti fossero presenti ad assistere a quel tipo di competizioni. Era un’occasione per esserci, ma anche un’occasione di apprendimento. Credo che in quel periodo avesse una visione del mondo sportivo davvero innovativa, e penso che nel mondo dell’imprenditoria sportiva abbia fatto davvero molto bene. Con noi capì subito la valenza di giocatori come Zorzi e Lucchetta, anche a livello mediatico, ad esempio, e allestì una squadra che cercò di competere con Gardini e la sua Messaggero e Benetton e la sua Treviso. Chi ha vissuto quel momento della pallavolo, proverà nostalgia al solo pensiero“.

Franco Bertoli Stefano Recine Silvio Berlusconi Mediolanum Milano
Foto Instagram Franco Bertoli

L’avventura di Silvio Berlusconi cominciò con gli anni ’90, quando nella prima squadra esordivano due colossi come Zlatanov e Casoli. Proprio Cristian Casoli ricorda quell’anno così fondamentale per l’inizio della sua carriera:

Ricordo anch’io quanto Berlusconi tenesse alla pallavolo. Era uno che alle partite al Pala Trussardi mancava raramente. Ricordo che io, Zlaty, ma anche lo stesso Milone o Egeste, avevamo il tesserino per accedere alle partite anche quando non venivamo convocati da Doug Beal con la prima squadra. E lui, di bassa statura, arrivava circondato da uno stuolo di guardie del corpo molto più alte. Diciamo, e la cosa mi fa sorridere, che il suo arrivo al palazzetto era evidente, nonostante Berlusconi fosse in qualche modo invisibile“.

In quegli anni lei era molto giovane.

Avevo 14 anni quando Berlusconi acquisì la Mediolanum e giocavo nelle giovanili. Mi alternavo con quei ragazzi che le ho nominato, ma anche con Iervolino, Salvi nella prima squadra. Lui aveva provato a convogliare tutti gli sport. Sicuramente a Milano il calcio e l’hockey guidati dal presidente Berlusconi andavano per la maggiore. Era una persona in grado di creare un enorme entusiasmo attorno allo sport che seguiva con costanza e soprattutto amava festeggiare con noi quei momenti e farci sentire l’affetto che provava per lo sport. Ha fatto molto per tanti di noi“.

di Roberto Zucca

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Riccardo Copelli: “Lo dico? Lo dico: io la Superlega me la sono meritata”

Sale in Zucca

Ci sono interviste, racconti, chiacchierate in cui cerchi di dosare tanto la testa. Ci sono altresì storie e interviste che scrivi totalmente con il cuore. Riccardo Copelli è la conquista più grande che ho fatto nelle ultime stagioni, perché all’affetto che sprigiona dentro e fuori dal campo, Copelli è la dimostrazione rara che la gratitudine fa parte anche di questo ambiente. È così che ogni traguardo conquistato, ogni pietra scolpita, ogni tassello fissato sul muro della pallavolo, sia stato seguito da un segno, da una riconoscenza, da un gesto.

Ci sono persone come Riccardo che arrivano quando smetti di credere che lo sport sia soprattutto fare un percorso anche professionale, come è stato per molti colleghi nel segno di ragazzi che hai visto crescere e che in te non hanno visto solo uno in grado di ottenere notizie, approfondimenti, confessioni, bensì qualcuno con cui condividere una strada che poi nel caso di Riccardo lo hanno portato a inserire ancora la Superlega nel proprio curriculum, dopo gli anni di Monza e Piacenza, in cui era ancora troppo acerbo per rappresentare qualcuno o qualcosa in quel campionato.

Ecco qui il Copelli dei ventinove anni, della decima stagione in serie A, delle storie di successo e della presenza in tante squadre in cui ha saputo ritagliarsi un ruolo e scrivere qualcosa di sé. Ecco Cuneo Volley, nuova frontiera della A1 contemporanea, che punta a ritrovare una storia leggendaria in cui la parola tempio si affiancava alla parola pallavolo.

“Eccomi qui. Chi non ha seguito i miei ultimi anni non può comprendere cosa abbia significato per me fare una strada che mi facesse ritrovare la possibilità di giocarmi la Superlega. Non si dovrebbe dire, ma voglio dirlo e mi prendo la responsabilità di dire che io la A1 me la sono meritata. Ho lavorato, ci ho creduto, ho fatto parte per anni del cliché dei centrali non abbastanza alti da potersi giocare una possibilità così. Nessuno mi ha regalato niente e questo arrivo a Cuneo, che considero un grande dono, non è un traguardo o il finale di una storia, bensì un nuovo inizio e un modo di esserci nel quale cercherò di divertirmi e di godermi appieno questa esperienza”.

È una Cuneo che guarda molto al cuore dei tifosi.

“Mi sento di dire che ci sarà un filo unico che va da Cavaccini, con cui ancora non ho avuto il piacere di giocare assieme, ma con cui ho tanta voglia di lavorare, proprio perché lui ha fatto dello spirito di sacrificio, del lavoro e del carattere i pilastri della sua carriera, a tutta la rosa che Matteo Battocchio ha messo assieme alla società per il prossimo anno”.

L’annuncio di Ivan Zaytsev è finora quello che ha colpito di più.

“Per Ivan ho tante belle parole da spendere. È semplicemente il campione che è. Per me sarà un piacere e un onore giocare con lui che ho avuto occasione di scoprire nelle ultime stagioni del beach. È una persona profonda e di grande valore umano. Ho capito in questi anni le ragioni dell’affetto che lo legano da anni alle migliaia di persone che lo seguono”.

So che invece lei è rimasto colpito dall’annuncio di Baranowicz.

“Beh, le mani di Bara sono le più belle mani uscite dal volley italiano negli ultimi quindici anni”.

Copelli è un compagno generoso, forse dotato di una magnanimità di un altro tempo. Le è mai capitato che qualcuno ricambiasse con la stessa enfasi ciò che lei spende per i giudizi degli altri?

“Intanto la volontà di Matteo Battocchio di portarmi a Cuneo sono il segno di una stima profonda che ci lega reciprocamente. Io so le qualità che ha da allenatore e sono certo che ci sono tutti i presupposti per lavorare bene con lui qui. Le dico che non dimenticherò mai Angelo Agnelli e Vito Insalata, con cui ho lavorato a Bergamo e per cui ho e avrò una riconoscenza infinita. Mi mancano molto e ogni anno ho sempre sperato che le squadre mi regalassero questo lato che ho scoperto con loro”.

Cuneo la contatta a playoff in corso e lei firma a scatola chiusa un progetto che poi si rivelerà una splendida Superlega da giocare. Continui lei.

“Mi hanno contattato e ho accettato a prescindere perché ho capito che avrei lavorato con professionalità e umanità. Quest’anno a Ravenna spesso mi è successo di non ritrovare ciò che mi sarei aspettato. Con la squadra non ho fatto fatica, anzi mi restano dei bellissimi rapporti umani. Ho fatto più fatica con altri e ne ho sofferto, cercando comunque di venirne fuori”.

Quest’anno ritroverà in campo una persona a cui è molto legato. Parlo di Alberto Polo.

“Sentirlo la sera prima della sua prima gara dopo anni giocata a Modena mi ha molto emozionato. La sua adrenalina è sembrata in tanti momenti appartenere anche a me, ho empatizzato molto con la sua situazione, percependo anche le preoccupazioni per un ritorno dopo gli anni di vuoto che si sono presentati davanti ad Alberto. Mi sento di dire che ciò a cui abbiamo assistito, ovvero la sua squalifica per tutti quegli anni, sia stata una grande ingiustizia. Riprendersi in mano un pezzo della vita, che è anche un po’ la mia è ora l’unica cosa che gli auguro, oltre a tutte le fortune che merita”.

Quest’estate tirerà il fiato? Per uno come lei è impossibile.

“Da lunedì a venerdì lavorerò a Bergamo con Matteo Bonfanti. Il sabato e la domenica faremo un po’ i brasiliani con il beach volley. Lei sa quanto per me l’estate significhi anche solo poter condividere la spiaggia e quell’ambiente con gli amici di sempre”.

Qualche partita con chi la vorrebbe giocare?

“Dico quattro nomi: Tallone, Sette, Pistolesi e naturalmente un revival con Paolino Porro (ride n.d.r.)”.

Speravo mi annunciasse una tappa con Zaytsev.

“L’unica volta che l’ho sfidato l’ho battuto e glielo ricordo scherzosamente spesso. Fu una bellissima partita giocata con Matteo Ingrosso. In generale, per me sarà un periodo bello per stare con gli amici”.

Non ha mai mollato. A chi deve dire grazie?

“Al destino. Alle persone che hanno sempre creduto in me. Non mi fermo qui. Lavorerò sempre con l’ambizione di poter costruire qualcosa senza perdere di vista i valori che fanno parte di me”.

Intervista di Roberto Zucca
(©Riproduzione riservata)