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Caso Lugli, l’agente: “La gravidanza non è un’inadempienza”

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Di Redazione

Continua a essere sulla bocca di tutti il caso di Lara Lugli, la giocatrice che ha denunciato di essere stata oggetto di una richiesta di danni da parte della sua ex società (il Volley Pordenone) per la risoluzione del contratto dovuta alla sua gravidanza. Dopo la replica del presidente del club friulano, Franco Rossato, interviene l’agente della giocatrice, Stefano Franchini (agenzia V Players), che ha inviato a Volley NEWS una lettera con alcune precisazioni.

Riguardo alla forma del contratto – scrive Franchini – intendo specificare che si tratta di una tipologia largamente utilizzata nella pallavolo femminile, ed il medesimo immagino sia stato dapprima letto e riletto, poi liberamente sottoscritto, dal sig. Rossato. Va da sé che, mediante la sottoscrizione del contratto, le parti accettano liberamente le obbligazioni e le clausole in esso contenute.

Nelle sue affermazioni, il sig. Rossato afferma che ‘nel contratto vi fossero clausole che prevedevano penali in caso di cessazione del rapporto’. L’articolo del contratto a cui si riferisce il sig. Rossato che conferisce alla società la possibilità di comminare sanzioni (le cosiddette ‘multe’ che, in ogni caso, non possono superare il 10% del compenso mensile), riguarda comportamenti richiesti all’atleta quali l’obbligo di indossare gli indumenti ufficiali della società, il divieto di assumere sostanze dopanti, psicofarmaci, stupefacenti, l’obbligo di partecipare alle iniziative promo-pubblicitarie degli sponsor, di autotutelarsi fisicamente per prevenire comportamenti dannosi per la salute dell’atleta, ecc. Il caso della gravidanza è contenuto in un altro articolo e dà la possibilità (non è un obbligo) alla società di considerare il contratto risolto in caso di ‘comprovata gravidanza’.

In ogni caso, per ragioni di chiarezza, vorrei ricordare che la causa intentata dall’atleta riguarda il pagamento di una mensilità maturata e non corrisposta dalla società, e non quelle successive all’accertamento della gravidanza. Se il sig. Rossato ‘ribadisce con forza che non crede che la gravidanza sia un danno e che non è mai stata avanzata richiesta di danni’, perché non ha pagato quanto dovuto? E perché nell’atto di opposizione al decreto ingiuntivo la società afferma di aver avuto un danno e richiede una compensazione con quanto dovuto all’atleta?

Non voglio entrare ulteriormente nel merito delle ragioni delle parti che verranno, fortunatamente, giudicate nelle opportune sedi. Riguardo alla tutela del diritto della maternità in ambito sportivo, spero che il clamore suscitato da questa vicenda non si riveli il classico fuoco di paglia, e che possa davvero portare al riconoscimento giuridico di tale diritto di ogni atleta“.

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