Foto Calzedonia Verona

Birarelli: "Spero, in futuro, di rimanere in questo mondo che mi ha dato tanto, magari in un ruolo manageriale"

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Di Redazione

Tre partecipazioni all’olimpiade, capitano della Calzedonia Verona ed in bacheca tanti trofei.

Questo è l’identikit di Emanuele Birarelli, intervistato da Edoardo Diamantini al quale ha raccontato la sua storia e i suoi progetti.

Quando e da dove nasce la tua passione per la pallavolo?

Nasce alle scuole medie: per fortuna avevo un professore di ginnastica appassionato di pallavolo e ogni tanto ci dava l’opportunità di giocarci, anche se prima, la praticavo con gli amici nel giardino di casa mettendo un filo di spago tra un albero e l’altro, bella palestra per appassionarsi a ‘’questa palla che vola’’!

Fino a 15 anni ho giocato anche a calcio, poi il mio amico e futuro collega con il quale ho condiviso molte cose, Andrea Bari, mi ha spinto a scegliere definitivamente la pallavolo, ma la voglia di cambiare c’era già.

Quale è stata la tua esperienza maggiormente positiva fra le squadre nelle quali hai militato?

Sicuramente ho vissuto anni molto belli a Trento, dove ho giocato per molto tempo. Il fatto di militare per tanti anni nella stessa squadra è un motivo d’orgoglio per me, non è semplice al mondo d’oggi, le società cercano sempre di spingere al massimo in qualsiasi situazione; vincevamo molto e se volevano potevano reclutare chiunque e invece nonostante questo siamo stati lo stesso gruppo per molto tempo: la Trentino Volley!

Dopo ci sono stati i 10 anni in Nazionale stupendi, 250 più o meno presenze e soprattutto l’orgoglio di aver partecipato a tre olimpiadi: 2008, 2012 e 2016.
Quest’ultima è forse la cosa che mi gratifica più, dare una continuità nel tempo ed essere convocato per un olimpiade non è affatto semplice, molti giocatori per tanti motivi, anche più forti di me, non hanno purtroppo avuto questa possibilità, per infortuni o altro. Poi c’è stato l’argento di Rio 2016, c’è il rammarico per aver sfiorato l’oro, ma la soddisfazione resta lo stesso.

Poi l’infortunio nel 2002, ma sei tornato lo stesso molto forte…

Fu una parentesi triste, non giocai dal 2002 al 2005, per tre anni e mezzo. Sicuramente non era poco, pensai di smettere, ero a Senigallia, lavoravo come geometra e allenavo dei ragazzi sia qui che a Falconara. Non fu semplice perché avevo 21 anni, c’era di mezzo qualche dubbio sul mio stato di salute in generale, quindi anche qualche preoccupazione… Ma con l’aiuto della famiglia e la possibilità di ricominciare ho superato bene anche questi momenti. Si!

Mi ha sicuramente rinforzato a livello personale, e infatti dopo ho vinto molto. Ma non si sa mai… Nella vita non hai mai la riprova di ‘’che cosa poteva essere’’, chissà se avessi giocato quegli anni, magari avrei potuto far meglio, o anche peggio! Quello che poi la vita mi ha riservato è comunque stato molto bello!

Ottima filosofia di vita! Hai altri obiettivi che ti piacerebbe raggiungere, nonostante i tuoi già ottimi risultati?

Ho 38 anni in questo momento e so che la fine della carriera non è distante, quindi sto anche ragionando sul mio futuro.

Per quanto riguarda gli obiettivi personali, ho ancora un anno di contratto con la Calzedonia Verona, mi hanno affidato il ruolo di capitano e di seguire un gruppo di ragazzi giovani molto bravi, quindi il desidero è il far meglio possibile per quanto mi è stato richiesto, mettendo magari anche da parte l’orgoglio personale e la volontà di essere sempre in campo; spero di fare tutto molto bene, magari ‘’mixando’’ il bel gioco che posso ancora dimostrare con queste altre sfide, come è successo l’anno scorso.

Nel mio futuro mi aspetto di rimanere in questo mondo che mi ha dato tanto e a cui penso di poter dare ancora, magari in un ruolo manageriale. Ma è ancora presto per parlarne.

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