Anzani, Romanò, Bottolo: tre ragazzi d’oro, tre storie da ricordare di questo Mondiale 2025

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Nello sport, dietro ogni grande vittoria ci sono sempre grandi uomini, e la Nazionale maschile di pallavolo ne è piena. I due Mondiali vinti dalla maggior parte dei ragazzi di questo ciclo azzurro sono figli di due momenti diversi. Quello del 2022 era stato quello della rifondazione, del grande cambiamento, della grande sorpresa, con tanti big che si erano fatti da parte lasciando spazio a molti giovani che divorarono subito Europeo, nel 2021, e Mondiale l’anno seguente. Questo del 2025 era invece il torneo delle risposte, dopo qualche risultato che aveva lasciato l’amaro in bocca (su tutti un 2024 senza medaglie), ma anche, per ragioni diverse, personali e di gruppo, della rabbia e del dolore.

Tra le tante storie che andrebbero approfondite, abbiamo deciso di raccontare quelle di Simone Anzani, Yuri Romanò e Mattia Bottolo. Gli uomini della provvidenza, gli uomini che avevano tutti il loro appuntamento con il destino. Quelli che hanno schiantato la Polonia in semifinale, super favorita e nostra acerrima rivale sportiva di questi anni. Quelli che in finale hanno messo la faccia in copertina con colpi che rivedremo in loop per anni e anni.

SIMONE ANZANI: anche gli incubi possono avere un finale disneyano
Centrale di ruolo, centralissimo nelle dinamiche anche umane di questo gruppo azzurro, Simone a questo Mondiale ha rischiato di non esserci. Anzi, come ben sappiamo, questo gioco ha rischiato proprio di non poterlo giocare più. Per lui il destino ha voluto scrivere una storia che a un certo punto stava prendendo una bruttissima piega, salvo poi regalargli un lieto fine che così lieto non lo avrebbero potuto sceneggiare neanche le migliori penne della Disney. Roba da film, roba da farci una docu-serie sportiva di quelle belle belle su Netflix. Quarto set, 24-10 per l’Italia. Dopo aver tirato in campo una serie infinita di asteroidi, Mattia Bottolo ne scaglia una forte quanto basta per costringere la Bulgaria a ributtarcela di qua in qualche modo. Ricostruiamo, la mettiamo in testa a Giannelli che alza d’istinto le braccia ma volge il suo sguardo al centro della rete. Lì c’è lui, Simone Anzani. Il regista da premio Oscar quell’azione se l’era già studiata in mente chissà quante volte, gli serve su un piatto d’argento la palla della vittoria. La palla del riscatto, la palla che deve cancellare come un colpo di spugna tutto il dolore, l’angoscia, le paure di due anni di sofferenza di un ragazzo d’oro che con quella sofferenza, insieme alla sua famiglia, non meritava di doverci fare i conti. Un tocco felpato, delicato, la palla si ferma per una frazione di secondo nel punto più alto della sua breve parabola e lì arriva la mano di Anzani. Un giro di braccio velocissimo, violentissimo, e quella palla si schianta a terra. Simone si gira, si accascia a terra e urla come mai fatto nella vita. Vomita fuori dal suo corpo tutto quel veleno, e poi una volta liberatosene urla la gioia. Una gioia infinita, una gioia cercata, una gioia meritata. Questa storia azzurra per lui potrebbe anche finire così, chissà, con questo ultimo ricordo dorato e quella parola, vittoria, che incornicia perfettamente un momento che è stato partita, torneo, vita. Con quella palla Anzani ha vinto su tutto. Con quella palla Anzani ha vinto. Punto.

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YURI ROMANO’: quello che ha preso a schiaffi la sfiducia (e gli ha fatto malissimo)
Fefè De Giorgi con lui ci ha sempre visto più lungo di chiunque altro. Quando ne fece l’opposto titolare della nazionale lui aveva 24 anni e veniva dalla Serie A2 dopo aver fatto tanta gavetta in B. L’esordio in Superlega si materializzò solo nel 2021-22 con Milano, poi il passaggio a Piacenza fino alla scorsa stagione. Tolto De Giorgi, nessuno si offenda, la fiducia in questo ragazzo l’hanno avuta in pochi, tanto che nei prossimi giorni prenderà armi e bagagli, moglie e figlia, per trasferirsi in Russia dove vestirà la maglia del Volejbol’nyj Klub Fakel, squadra della città siberiana di Novyj Urengoj. Arrivederci e grazie. La Gas Sales ha preferito puntare sul giovane Bovolenta, come se non bastasse in Nazionale è stato convocato in quel ruolo anche Rychlicki. Romanò non ha mai fatto una piega, ha accettato tutto con un aplomb impeccabile, ha lasciato che fosse il campo a parlare e lì si è preso le sue rivincite su tutto e tutti. Best scorer degli azzurri contro la Polonia in semifinale: 15 punti, 2 muri, 1 ace. Best scorer anche contro la Bulgaria in finale: 22 punti, 1 muro, e soprattutto 5 ace. Cinque schiaffoni a mano aperta, tutti rifilati uno in fila all’altro per decidere il secondo set. Meglio anche dei quattro ace di Zaytsev alla World League del 2014. A chi avrebbe voluto indirizzarli quei cinque schiaffoni solo lui lo sa, ma il messaggio è arrivato. Forte e chiaro. Se lo sport alle volte ti toglie, anche ingiustamente, lo sport alle volte, e per fortuna, ti offre anche la tua personale rivincita. Yuri se l’è presa, ha saputo cogliere l’attimo, ha trasformato la sua rabbia in un’altra medaglia d’oro. Adesso però sarebbe anche il caso di pensare già a come farlo tornare. Il posto giusto per Romanò inizia per ‘S’, ma è la Superlega. Non la Siberia.

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MATTIA BOTTOLO: se cercate su Google ‘Carpe Diem’ ora trovate la sua foto
Mettetevi nei panni di uno chiamato a prendere il posto di un compagno, uno dei più amati nella squadra come Daniele Lavia, che per colpa di un tragico, sfortunato, bastardissimo quanto pure macabro incidente è costretto a rinunciare al Mondiale mentre svolge l’ultimo esercizio in palestra nell’ultimo giorno di ritiro prima di imbarcarsi sull’aereo. Quello di Bottolo non è stato affatto, ma proprio per nulla, un compito facile. Se dopo la finale erano tutti in lacrime il motivo non era tanto la felicità per il risultato, quanto la consapevolezza di essere riusciti a superare tante avversità, ma soprattutto quell’incidente, avvenuto sotto gli occhi di tutti. Una scena che aveva destabilizzato, atterrito, sconfortato. Un fardello pesante con cui giocare un Mondiale. Un’altra squadra una cosa così non l’avrebbe superata, sarebbe uscita dai giochi in fretta. Non questa Italia. Non questo gruppo, che ha trovato proprio in Mattia l’uomo giusto per tornare ad essere padrone del proprio destino. Se Bottolo titolare sia stata una scelta della squadra o di De Giorgi questo non è dato saperlo, sono quelle classiche cose che rimangono all’interno di uno spogliatoio. Magari è stata una scelta voluta da tutti, di comune accordo. Quello che però sappiamo è che Bottolo veniva da una stagione clamorosa con Civitanova e anche lui, come Romanò, dopo anni di alti e bassi. Mattia per primo voleva riscattarsi. Per primo voleva dimostrare a sé stesso e all’universo mondo di che pasta fosse fatto. Ci è riuscito. Eccome se ci è riuscito. Decisivo in attacco, ottimo anche in ricezione, più e più volte ha girato set e partite con i suoi turni in battuta, ma quello di cui si è reso protagonista dal 18-10 in poi del quarto set della finale è fantascienza. Nella pallavolo maschile di oggi, per quanto il servizio sia un fattore, a questi livelli una serie come quella firmata da Bottolo è una cosa senza senso, ai limiti del pornografico, sportivamente parlando. Letteratura erotica molto spin… e poco float. Voleva essere protagonista. È stato leggendario.

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Di Giuliano Bindoni
(© Riproduzione riservata)

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