Andrea Santangelo e la sua esperienza in Corea: "Giocare davanti a 5000 persone ti fa crescere"

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Di Roberta Resnati

Andrea Santangelo, opposto classe ’94, l’anno scorso in forza a Cantù e quarto miglior realizzatore con 538 punti e il 51,9% in attacco è stato uno dei sei “stranieri” che hanno avuto l’opportunità di giocare in Corea.

L’attaccante di Isernia è stato scelto dalla società Samsung BlueFangs e, in esclusiva a Volley News, ci racconta questa incredibile avventura.

Che esperienza è stata?
Ho vissuto un’ esperienza formativa in Corea che mi servirà per il proseguo della mia carriera. Giocare ogni tre giorni e davanti a quattromila – cinquemila persone con tutti che si aspettano molto da te, ti fa crescere.

La tua giornata tipo?
Sveglia tutti i giorni alle 6, ci pesavano, prendevamo le vitamine e un succo alle rape. Alle 6.30 colazione, riposo e pesi dalle 9.30 alle 11.30, pranzavamo a quell’ ora (gli orari dei pasti sono molto diversi dall’ Italia con cena alle 18). Dopo pranzo ci riposavamo nelle stanze della struttura creata proprio dalla Samsung per tutti gli sportivi: oltre a noi della pallavolo c’erano infatti i giocatori di basket, ping pong e Taekwondo.
Alle 15 di nuovo allenamento fino alle 18, a volte anche alla sera, dopo cena, alle 20 avevo battuta ricezione o altri tipi di esercizi, oppure avevamo terapia con massaggi o macchine che ti rimettevano in piedi per il giorno dopo. Noi vivevamo sempre lì, in quel centro tipo la Ghirada di Treviso, e non potevamo uscire,eravamo sempre in ritiro.

Che pallavolo è? Cosa c’è di differente dalla pallavolo italiana?
È impostata diversamente da quella italiana, si giocano 36 partite in breve tempo senza contare le coppe e si scende in campo quindi ogni tre giorni, dopo la partita non ti fermi, ci si continua ad allenare. Solamente ogni 20-25 giorni ne hai uno libero. Anche gli allenamenti e il programma di pesi sono impostati in maniera diversa per poter sostenere, appunto, queste 36 partite.

E ora… Andrea Santangelo dove vuole “arrivare?”
Si sa che la Superlega è il campionato più bello e più forte del mondo, ma anche la A2 dove c’è stata una bella selezione passando da 24 a 12 squadre si è rafforzata. Sono “rammaricato” solo del fatto che dopo aver lottato l’anno scorso con Cantù per mantenere la categoria, non ho potuto partecipare questa stagione ad un campionato d’elite. Non so cosa mi riserverà il futuro se tornerò in Corea, se starò in Italia oppure in giro per l’Europa. È presto per dirlo, ho già chiesto di rimanere in Corea e i primi di maggio sarò a Praga per i try out. Ma se dovesse esserci qualche interesse dalla Superlega valuteremo sicuramene tutte le offerte con un occhio di riguardo per il campionato più importante del mondo.

Te ne sei andato via prima dalla Corea per il Coronavirus, come si stava vivendo lì la situazione? E ora a casa?
All’inizio ci hanno fatto giocare senza pubblico e poi hanno stoppato il campionato. Per noi non è cambiato molto: abbiamo iniziato ad indossare le mascherine quando eravamo sul pullman e andavamo in albergo o in trasferta. Nella mia vita quotidiana non è cambiato molto perché vivendo appunto in un centro sportivo e stando a contatto con persone che non uscivano ed entravamo eravamo al “sicuro”. Adesso io, come tutti, sono a casa. Mi sto rilassando e mi sto godendo molto la mia famiglia, finalmente

Programmi per quest’estate?
Avevo un po’ di programmi ovviamente, ma ora è tutto un grande punto di domanda. Bisognerà vedere la Superlega quando e se finirà e dopo sicuramente volevo riprendere a fare allenamento, andare a Trento da Lorenzetti, dove sono già stato lo scorso anno, e continuare il mio percorso di crescita. 

Consiglieresti questa esperienza in Corea?
È stata un’esperienza incredibilmente formativa sotto tutti i punti di vista, non posso fare altro che consigliarla a chiunque voglia partecipare ai try out e provare ad andare a giocare in Corea.

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