Alessio Tallone si racconta: “Ravenna è lo step che cercavo, insieme vogliamo la Superlega”

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Non è solo il tono severo, austero. Non è solo il come ti racconta la pallavolo, ma è quello che ti dice della stessa. Un volley descritto in maniera “talloniana” da Alessio Tallone, che cresce, e cresce talmente bene che quest’anno guarda il mondo della A2 dalle posizioni di vertice con la Consar Ravenna. E che, nel corso degli ultimi anni, ha inanellato una serie di esperienze e di scelte fatte con una bella testa, portandolo al centro del campo, del suo progetto e della categoria che costeggia quasi la Superlega.

“Diciamo che questo anno a Ravenna rientra in un percorso che va avanti da un po’ di anni e nel quale penso anche io di aver optato per le giuste scelte. L’esperienza alla Consar è un ulteriore passo in avanti, oltre a rappresentare uno step che cercavo per la mia crescita personale”.

Squadra giovanissima, con i nuovi Tallone e Copelli nella veste di esperti.

“Arrivo da una bella esperienza fatta assieme a Riccardo a Siena. Sono un ragazzo giovane anche io con tanta voglia di imparare, ma soprattutto con tanta voglia di fare. Il gruppo mi è piaciuto sin dal giorno uno e sono felice di essere qui. Sarebbe riduttivo dire che la felicità derivi solo dai risultati, perché è un insieme di fattori i cui risultati per ora, anche se mi fa sorridere il parlare di testa della classifica dopo meno di dieci partite, arrivano come ultimo tassello di un lavoro cominciato da mesi”.

Conoscendola dentro il campo lei sembra una persona molto sicura di sé. Mi dica che Tallone sa dove vuole arrivare.

“Sì, il mio è un percorso con obiettivi molto precisi, che non nascondo e uno dei quali si chiama proprio Superlega. Rispetto a qualche anno fa, se pensare di arrivare in A1 poteva sembrarmi un sogno da realizzare, ora mi sembra più un obiettivo nel cassetto che tiro fuori ogni giorno prima di andare in palestra. Ci penso, non ne sono ossessionato, ma possiamo tranquillamente sdoganarlo”.

Ravenna è attualmente fra le prime della classe.

“Non deve essere qualcosa che in qualche modo può illuderci anche perché la stagione è lunghissima. Ci alleniamo molto bene, c’è un grande affiatamento tra di noi, e ogni giorno in palestra ci diciamo quanto sia giusto e doveroso continuare in questa direzione. Spero di non essere frainteso se dico che conosciamo il nostro valore e che lavoreremo per crescere ancora perché è nelle nostre capacità”.

Tallone un anno così, lo ha vissuto anche in una stagione storica. Se le dico triplete e Vibo Valentia cosa mi risponde?

“È stato il primo anno in cui ho giocato con dei veri campioni. Ero certamente più giovane, e abbastanza desideroso di imparare qualcosa da molti di loro. Sono rimasto impressionato dall’umiltà con cui gente come il mio amico Cavaccini o Candellaro, per fare due nomi perché potrei nominarne tanti, affrontavano il quotidiano. Altra cosa che ricordo è la genuinità con cui tutti i più grandi aiutavano gli altri. È stato un anno vincente, è vero, ma è stato un anno in cui ho lavorato con dei grandi modelli. Le dirò di più, siamo rimasti in contatto tutti. È stato un bel gruppo e resterà una bella stagione per tutti”.

Di Fano, dei suoi esordi, cosa le è rimasto?

“Tanto, dai nomi alle amicizie. Sono felice di essere arrivato a Ravenna perché sono ad un quarto d’ora rispetto ai luoghi in cui sono cresciuto”.

Nelle Marche ha cominciato anche l’università. Ora?

“Sono passato a Siena dove sto completando la magistrale in Management and Governance”.

Un futuro nello sport?

“Lo vedo più al di fuori del contesto sportivo, ma in caso dovessi scegliere di restarci, direi dietro le quinte. Molti mi dicono che dovrei pensare di diventare allenatore. Io penso che sia una cosa che per ora non mi appartiene. Penserei di fare altro, ma prendo altro tempo per capire cosa di preciso”.

Sarà dura salire in Superlega?

“Sarà una lotta durissima tra quattro o cinque compagini. Noi vogliamo certamente essere una tra quelle”.

Di Roberto Zucca

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Rinaldi, biennale in Giappone: “Vi racconto perché vado, i dubbi iniziali e… Modena”

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Osaka Blazers Sakai. Tutto o niente. Bianco o nero, o bianco e rosso se si ragiona per cromatismi della vita, e per la nuova bandiera d’appartenenza pallavolistica di Tommaso Rinaldi. La vita è fatta di cambiamenti, spesso radicali, di sfide che portano uno dei primi di italiani, ma di quelli che si candidano ad essere primi della classe a sbarcare nel campionato nipponico, dopo un passato anche recente fatto di Modena, patria del tifo sfegatato, del palazzetto che si riempie dell’entusiasmo e della mitomania, che è poi tipica del giapponesismo del volley. Lui è Tommaso, occhi di ghiaccio, voglia ed esigenza di essere più grande dei suoi 24 anni, destino di essere grande tra i grandi. 

L’entusiasmo per questa nuova avventura c’è tutto, anche se il pensiero di rinunciare a ciò che lo rende uno dei volti più interessanti della Superlega è tuttora presente.

“Osaka è nata per caso. È una destinazione a cui non avevo mai pensato finché all’inizio dell’anno, l’allenatore dei Blazers mi ha contattato su Instagram per sondare la volontà o la mia curiosità di giocare in un campionato così lontano da casa. Se vogliamo, lontananza a parte, è un campionato davvero diverso dal nostro, ma stimolante”.

Non voglio parlare della trattativa in sé. Volevo capire come è iniziato il suo processo di lento sradicamento da una città che lei ama tanto.

“C’è stato subito il confronto con la mia famiglia e con il procuratore anche solo per capire assieme cosa pensassimo di un passo del genere. Non ho ragionato pensando a ciò che mi veniva offerto, non è stato quello l’aspetto che mi incuriosiva di più. Ho pensato se fosse un’opportunità a quest’età e se davvero il Giappone potesse rappresentare un investimento sulla mia carriera”.

Che risposta si è dato?

“Sono rimasto colpito dall’attenzione e dal pensiero fatto da parte della società. Inizialmente ho pensato anche a Modena, perché non volevo lasciarla. Al di là della società in cui sono cresciuto, in cui ho vissuto per moltissimi anni, il pensiero è andato a ciò che mi ha dato tanto e che avrei dovuto lasciare. Ho un’offerta biennale a Osaka, segno che il progetto è lungo e che la volontà di fare bene c’è tutta”.

So che troverà un giocatore che già conosce.

“Sì, Matt Anderson. Saremo compagni di squadra e potremo fare assieme una bella stagione”.

Anderson e Rinaldi. Possiamo fare delle similitudini?

“Mi dica”.

La pallavolo giapponese vive di simbolismo, un po’ come tutta la cultura. Penso ai vostri due volti. C’è tanto marketing. Siete molto belli, siete due volti innocenti, siete un po’ uno stereotipo occidentale. Il volley un po’ pop vende biglietti?

“Sicuramente faremo clamore. Se parliamo di canoni estetici, rappresentiamo forse qualcosa di pulizia e trasparenza, non so quanto questo conti. Sono un popolo molto devoto alla pallavolo, molto attento, che esprime con moderazione ed educazione la propria gratitudine e il proprio affetto e simpatia nei confronti degli atleti”.

L’emozione c’è?

“C’è curiosità. Partirò ad agosto e sarò solo in questa prima fase. Se mi vuole chiedere quanta paura ho della solitudine, del fatto che sarò dall’altra parte del mondo per la prima volta per così tanto tempo, le dico che dovrò imparare a gestire tutto, ma sono fiducioso. Papà e mamma sono stati determinanti e mi hanno lasciato libero, senza il rimpianto di non avermi più a Modena a due passi da casa”.

Rinaldi, mi fa specie vederla diventare così grande.

“Sono cresciuto anche io. Questa è una grande occasione arrivata nel momento giusto”.

Intervista di Roberto Zucca
(©Riproduzione riservata)