Adriano Paolucci saluta il volley dopo 25 anni: "Continuerò a dire quello che penso ad alta voce"

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Di Roberto Zucca

Grazie. Forse basta solo questa parola per concludere il racconto di carriere così belle ed appassionate come quella di Adriano Paolucci. Racconti di scudetti, gare stupende, feste sul campo, e celebrazioni sincere di questo sport che ha occupato oltre metà della sua vita. Il grazie a Paolucci va esteso a tutti quelli che lo hanno incrociato sui campi, negli spogliatoi, fuori dal campo. Un signore, un professionista che a questo sport ha dato tanto e forse, e non è un giudizio di merito, da questo sport meritava qualcosa di più. Solo per tutto ciò che con la sua classe e il suo sacrificio è riuscito a lasciare sul campo da gioco.

“Credo di poter dire che sia stata un’onesta carriera… mi sono tolto parecchie soddisfazioni in questi 25 anni. L’unico rammarico è che nessuno mi ha dato la possibilità di fare qualcosa in più, anche quando me lo sono guadagnato sul campo”.

Si riferisce agli anni di Roma?

Otteniamo la promozione dalla A2 e per la stagione successiva decidono di investire su un palleggiatore straniero giovane, io resto come secondo e poi per necessità divento titolare da metà campionato. L’anno dopo pensavo di aver meritato un’occasione e invece prendono un altro palleggiatore con due anni più di me, e mi rimettono a fare il secondo“.

A Perugia ha vissuto un’esperienza simile.

Ero partito come riserva di Mitic ma, sono diventato titolare e siamo arrivati terzi in campionato, giocando poi la finale di Coppa Italia e la finale scudetto. L’anno successivo non ho ricevuto nessuna offerta per giocare titolare in A1. Forse il motivo è che non facevo parte di ‘scuderie’ più influenti, ma alla fine erano sempre altri ad andare al mio posto. Con questo non voglio insinuare che non lo meritassero, dico solo che non mi sentivo da meno“.

Lo scorso anno, dopo una stagione in A2 con la Roma Volley, decide di interrompere. Posso chiederle perché?

È stata una scelta molto sofferta, le dico solo che ogni volta che vedo un pallone mi vien voglia di ricominciare. Però no, credo ci sia un momento in cui si debba trovare il coraggio di cambiare vita, e concentrarsi su altri progetti“.

Il ricordo più bello della sua carriera?

Di ricordi ne ho una miriade. Fra i più belli le posso indicare sicuramente lo scudetto del 2000 a Roma con la Piaggio, un’esperienza incredibile anche se ero solo una riserva, o la promozione sempre a Roma 10 anni dopo. Vincere nella propria città ha sempre un sapore più intenso. Infine non posso non nominarle gara 5 di semifinale scudetto con Perugia a Piacenza, godimento allo stato puro!

Mi dica, se le va, il meno bello.

La prima volta che ho cantato l’inno indossando la maglia azzurra con la nazionale giovanile ho provato un senso d’orgoglio impareggiabile. Allo stesso modo la convocazione, tanti anni dopo, in nazionale seniores è stato il momento più umiliante della mia carriera perché fui l’unico atleta nella lista della World League a non essere mai stato convocato nemmeno ad un allenamento. E pensare che si allenavano anche a Roma, a 2 km da dove vivevo. Nessuno, quella decisione, si degnò mai di spiegarmela“.

L’anno o la società che si porta nel cuore?

Le società sono senza alcun dubbio l’M.Roma e la Stilcasa Taviano, composte da persone eccezionali, ma l’apice della mia carriera l’ho toccato a Perugia nella mia prima stagione, con il raggiungimento a sorpresa delle due finali“.

Le persone più importanti conosciute sul campo?

Una delle cose entusiasmanti di questo lavoro è proprio l’opportunità di conoscere molte persone. Non nomino nessuno solo perché altrimenti dovrei farle un lungo elenco e sarebbe sgradevole stilare una classifica. Sarò stato fortunato, ma devo dire che ho incontrato davvero parecchie persone tra giocatori, allenatori, dirigenti e tifosi che sono diventate figure importanti e che ancora oggi fanno parte della mia vita. Con qualcuno ho instaurato una profonda amicizia“.

Cosa farà Adriano Paolucci ora che ha appeso le ginocchiere al chiodo?

Bella domanda. Al momento sto iniziando con tanto entusiasmo una nuova avventura, sempre nel mondo del volley. Un tentativo di cambiare questo sistema, in meglio ovviamente, con l’obiettivo di sconfiggere il demone della ‘consuetudine”’ il famigerato ‘qui si è sempre fatto così’ che giorno dopo giorno sta divorando tutte le potenzialità di questo ambiente. Con i giocatori, per i giocatori e non solo. Ma ci sarebbe così tanto da dire, forse servirebbe un’altra intervista“.

Che ricordo pensi di aver lasciato?

Credo un buon ricordo. In questi primi mesi a casa mi sto accorgendo che, quando entro da “civile” nei palazzetti, in tanti mi vengono a salutare con un sorriso sincero tra atleti, addetti ai lavori e pubblico, e mi fa davvero piacere. Ho sempre cercato di comportarmi da professionista, e allo stesso tempo di combattere per i principi e i valori in cui credevo, dicendo quello che pensavo ad alta voce e a volte risultando un po’ scomodo, cosa che continuerò sempre a fare. Ecco, spero che qualche ragazzo più giovane con cui ho lavorato negli ultimi anni possa avere questo ricordo di me“.

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