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“Abbiamo vinto. Benvenuta in Italia”: Mauro Berruto e Safiya, in fuga dall’Afghanistan

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Di Redazione

Un messaggio su Whatsapp: “Ti prego aiutami, mi uccideranno”. La segnalazione ai diplomatici italiani, la macchina della vita che si mette in moto. Il confine, gli spari, le ambasciate, la polizia…finalmente, l’aereo: “Departed“. Partito, verso la libertà.

Mauro Berruto, ex ct della Nazionale italiana e ora attivo politicamente per il Partito Democratico, ha condiviso sul suo profilo Twitter la storia che lo ha legato indissolubilmente a Safiya: ex giocatrice della nazionale di pallavolo dell’Afghanistan e rifugiata da quando i talebani hanno preso il controllo di Kabul, insieme alle sue compagne. Tre settimane nascosta nel buio di una città in guerra e poi, grazie all’aiuto di Berruto e dei diplomatici italiani, Safiya ha trovato la libertà in Italia.

È arrivata in Italia sabato mattina dopo un mese vissuto sull’ottovolante del terrore. Felice, emozionata, commossa, come me d’altra parte. Venerdì notte, quando mi ha mandato la foto dall’aereo con il timbro exit sul pass, la sigla del volo e poi ho visto la scritta ‘departed’ sul sito dell’aeroporto da cui è partita mi sono venuti i lucciconi agli occhi” racconta Berruto a La Repubblica.

Berruto spiega poi come è riuscito a farla fuggire da Kabul, in una situazione in cui le evacuazioni ufficiali sono ormai concluse: “Non conoscevo neanche questa ragazza. Per un singolare meccanismo di triangolazione, che ha fatto sì che circolino i numeri di chi si sta dando da fare per aiutare chi è rimasto bloccato laggiù, mi è arrivato un suo messaggio via Whatsapp. Era disperata. ‘Ti prego, aiutami, mi uccideranno come hanno fatto con la mia compagna di squadra. L’hanno massacrata come un animale. Io e le altre siamo tutte nascoste, ma ci troveranno e faremo la stessa fine. Sui social stanno facendo girare i video della nostra squadra’. Ogni notte mi mandava video agghiaccianti: il buio di Kabul squarciato da esplosioni e colpi di arma da fuoco. In più lei non aveva neanche il passaporto con sé, insomma farla uscire da lì sembrava impossibile“.

Berruto la incoraggiava tramite dei messaggi sul cellulare, era tutto quello che poteva fare. Attendere una risposta di Safiya e sperare, nonostante gli intoppi: “I nostri diplomatici hanno fatto un lavoro gigantesco preparando tutti i documenti che servivano e abbiamo fatto squadra, team building. Io facevo l’allenatore e la motivavo e lei ha tirato fuori un coraggio da leone. Il momento più drammatico è stato quando le ho detto: ‘È tutto pronto, adesso tocca a te. Te la senti di scappare da sola e provare a raggiungere il confine?’. ‘Stanotte ci provo’. La prima volta ha fallito, la seconda è andata. Venti ore di silenzio assoluto, poi un messaggio da un check­ point: ‘Ho paura, che devo fare?’. E poi finalmente quel: ‘Sono passata’. Ma era solo l’inizio“.

L’ex CT azzurro non può rivelare da dove sia fuggita la ragazza: “Ovviamente da un Paese confinante in cui ha viaggiato da sola, senza documenti, per altri 900 chilometri, prima di raggiungere il nostro consolato dove l’aspettava un visto e un biglietto aereo. Quando sembrava tutto fatto l’ultima doccia fredda. La polizia l’ha fermata all’aeroporto, perché era entrata illegalmente in quel Paese. E ha perso l’aereo. ‘È tutto finito’, mi ha scritto disperata. Ma ancora una volta i nostri diplomatici hanno fatto il miracolo e la sera dopo è riuscita a salire sull’aereo. Gli ultimi minuti sono stati i peggiori. Temeva che la facessero scendere“.

(Fonte: Twitter Mauro Berruto, La Repubblica)

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