Chi dice che bisogna sentirsi realizzati prima dei 30 anni mente sapendo di farlo, perché spesso le cose più belle arrivano in età matura: quelle per cui hai lavorato una vita, e che ti riempiono di soddisfazione. A volte la risposta si trova nelle stelle, altre volte è proprio davanti a te, ma la riconosci solo dopo aver percorso un lungo tratto di strada. È andata così anche a Jaelyn Keene, la cui “Stairway to Heaven” è iniziata più tardi rispetto alla consueta tabella di marcia.
Dopo aver evocato i Led Zeppelin, possiamo citare il filosofo tedesco Gotthold Ephraim Lessing e capire direttamente dalle parole della centrale statunitense della Honda Cuneo Granda Volley – che a 30 anni sta vivendo la sua prima esperienza nella Serie A1 italiana, il campionato più competitivo al mondo – se è vero che “l’attesa del piacere è essa stessa il piacere”.
Jaelyn, partiamo dal presente. Come sta andando la tua esperienza alla Honda Cuneo Granda Volley? Che tipo di ambiente hai trovato e come ti senti a far parte di questo club?
“Finora il percorso è stato molto positivo. Mi piace l’ambiente di lavoro sia in palestra sia in sala pesi. Anche quando le settimane sono impegnative, dal punto di vista fisico e mentale, affrontiamo ogni allenamento con la giusta mentalità e voglia di lavorare, e questo lo apprezzo tanto. Inoltre, trovo molto stimolante l’idea di rafforzare sempre di più la fiducia reciproca tra la squadra e il club”.
Come valuti la prima parte di stagione di Cuneo? Quali ritieni siano i principali punti di forza e le qualità della squadra?
“Per quanto riguarda i nostri risultati, penso ci siano molti aspetti positivi da evidenziare, anche se in alcune partite avremmo potuto fare meglio. Sicuramente la squadra dà il massimo quando gioca unita e ogni giocatrice si fida delle altre. I nostri punti di forza come gruppo sono il duro lavoro e l’impegno. A livello tecnico, credo che siamo molto efficaci sia in battuta sia in attacco”.
Come descriveresti la chimica del gruppo finora e, in particolare, la tua connessione in campo con la palleggiatrice Noemi Signorile?
“Penso che la squadra abbia sviluppato una bella chimica. Adesso stiamo lavorando per sostenerci ancora di più a vicenda, ma prima era importante creare un buon legame tra di noi. Non c’è nessuna compagna con cui non mi piacerebbe prendere un caffè o pranzare insieme. Io e Noe abbiamo un’ottima connessione: da lei sento molta fiducia, sia negli allenamenti sia in partita. Credo che questo legame sia importante per la squadra e sicuramente continuerà a crescere in modo positivo”.
Quali obiettivi personali e di squadra ti sei posta per questa stagione?
“Uno dei miei obiettivi personali per questa stagione è migliorare alcuni aspetti del mio gioco in attacco, così da ampliare il mio ‘arsenale’. Voglio anche rendere sempre più efficace la mia presenza a muro: è un obiettivo che mi pongo ogni stagione e che è davvero molto importante per me. Come squadra, penso che possiamo ottenere grandi risultati se tutte giochiamo al meglio. Arrivare tra le prime otto sarebbe davvero un risultato fantastico”.
Cosa ti piace di più della vita qui in Italia e come ti ricarichi quando non sei impegnata in palestra?
“Lo stile di vita qui è davvero fantastico. Adoro provare ristoranti e bar, visitare posti nuovi e vivere esperienze sempre differenti. Per ricaricarmi, amo trascorrere del tempo all’aria aperta, anche quando fa freddo: questo mi aiuta a liberare la mente e ad apprezzare le piccole cose. Nelle settimane con tre match, invece, mi concedo un caffè fuori e poi mi rilasso a casa, cercando di ottimizzare il recupero e ritrovare energie per affrontare al meglio allenamenti e partite”.
Sei arrivata nella Serie A1 italiana a 30 anni. Ti sorprende aver raggiunto un traguardo del genere o giocare a questi livelli è sempre stato uno dei tuoi obiettivi?
“Oggi non mi sorprende, ma se qualcuno me lo avesse detto quando andavo al college e avevo 18 o 20 anni, non ci avrei creduto. Una volta capito di poter giocare a livello professionistico all’estero, il mio obiettivo è sempre stato quello di arrivare in alto e giocare nel miglior campionato possibile. Dire che per me era un sogno giocare in Italia può sembrare un cliché, ma lo era davvero e lo è ancora. Sono profondamente grata per questa opportunità e per poter vivere un’esperienza unica in questo campionato”.
Cosa ti ha permesso di alzare costantemente il tuo livello nel corso degli anni?
“Penso di essere cresciuta molto nel corso della mia carriera perché ho sempre cercato di spingermi a un livello superiore rispetto all’anno precedente. Questo ha significato a volte cambiare campionato, altre volte confrontarmi con allenatori diversi, ognuno con il proprio modo di vedere il gioco e di valutare me come giocatrice. In questo percorso è stato fondamentale anche concedersi un po’ di pazienza e ricordare che gli errori fanno parte del gioco: ciò che conta è saper distinguere tra un errore ‘utile’, da cui imparare, e uno che invece va corretto. Inoltre, sono convinta che avere una forte tenuta mentale ha avuto un impatto enorme anche sul mio rendimento tecnico”.
Possiamo dire che l’esperienza con le Neptunes de Nantes è stata il tuo “turning point”? Cosa ti hanno insegnato quelle tre stagioni?
“Nantes è stato un posto davvero speciale per me, perché per la prima volta ho avuto la sensazione di fare davvero quella che chiamano ‘pallavolo professionistica’. In ogni stagione trascorsa lì ho preso parte alle competizioni europee, e questo mi ha spinta a dare il massimo e a diventare la miglior giocatrice possibile. In particolare, la mia prima stagione a Nantes è stata piena di aspettative, ed è stato lì che sono cresciuta tanto in tutti gli aspetti del mio gioco. A livello personale ho vissuto molti successi, ma anche qualche momento più difficile. Tuttavia, trascorrere tre anni nella stessa città e nello stesso club ha fatto sì che quel luogo iniziasse a diventare come una vera e propria seconda casa per me”.
Avendo giocato in Austria, Finlandia, Francia, Germania e Italia, quali differenze hai notato nella cultura pallavolistica, nello stile di gioco e nell’organizzazione professionale tra questi paesi?
“Le mie prime stagioni oltreoceano, in Austria e in Finlandia, sono state uniche nel loro genere sia per lo stile di vita sia per il livello della pallavolo. Anche le culture erano molto particolari, quindi ci è voluto del tempo per adattarmi. Inoltre, erano i miei primi anni lontano da casa, e questo non è mai facile. La stagione in Finlandia, inoltre, è stata condizionata dal Covid, che ha reso quell’esperienza ancora più particolare e non convenzionale”.
“Francia e Italia, invece, sono abbastanza simili dal punto di vista culturale, ma il livello della pallavolo in Italia è decisamente superiore rispetto agli altri paesi in cui ho giocato. Per quanto riguarda l’organizzazione professionale, penso che molto dipenda dal singolo club e non esclusivamente dal campionato. Detto questo, l’Italia rappresenta senza dubbio il massimo da questo punto di vista: un livello di pallavolo così elevato richiede standard di gestione e funzionamento altrettanto alti”.
Guardando avanti, quali sono i tuoi sogni per il futuro?
“Per quanto riguarda la mia carriera, il sogno è continuare a giocare al massimo livello il più a lungo possibile, magari anche in altri paesi, e concludere il mio percorso – quando arriverà il momento – trascorrendo qualche anno a casa negli Stati Uniti, nelle due leghe professionistiche attualmente attive, LOVB e MLV. Sul piano personale, mi piacerebbe costruire una famiglia un giorno, con qualche bambino che corra in giro per casa. Invece, per il futuro al di fuori della pallavolo, vedremo: ho studiato Contabilità Finanziaria e ho un Master; quindi, potrei intraprendere un percorso in quell’ambito”.
“Negli anni ho anche fatto un po’ di esperienza come coach durante le estati, quando ero a casa a prepararmi per le stagioni successive; quindi, chissà se riuscirò davvero a dire addio alla pallavolo una volta terminata la carriera da giocatrice. Oltre all’indoor, pratico anche beach volley e grass volley, due mie grandi passioni che potrei continuare a coltivare anche in futuro”.
Per concludere, ci racconteresti chi è Jaelyn Keene al di fuori del campo?
“La pallavolo e la mia carriera sportiva hanno sicuramente contribuito a formarmi come persona, quindi è difficile descrivermi senza tenerne conto, ma ci proverò. Sono una persona molto estroversa, che ama stare all’aria aperta e adora fare attività come escursioni, gite in barca o nuoto. Nel tempo libero mi piace anche leggere e dedicarmi allo sketching: sono un po’ una ‘ragazza da iPad'”.
“Quando sono a casa negli Stati Uniti, amo trascorrere momenti con la mia famiglia, seguire gli eventi sportivi dei miei nipoti e condividere tempo di qualità con i miei cari. Mi piace anche seguire altri sport: ho praticato molte discipline da ragazzina, quindi guardarli resta una grande passione”.
“I miei amici sono molto importanti per me: non mi tiro indietro davanti a un viaggio in auto di 3-4 ore solo per condividere una cena insieme e poi tornare a casa. Se fai parte della mia cerchia, significa che ci metto impegno e dedizione per esserci davvero. Mi piace pensarmi come una persona gentile, competitiva, amichevole e rispettosa. Sorrido probabilmente il 90% del tempo, perché, in fondo, la vita è troppo breve per non godersi tutti gli alti e bassi”.
Intervista di Alessandro Garotta
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