Ogni anno il 3 dicembre si celebra la Giornata Mondiale della Disabilità, con l’intento di promuovere la piena inclusione e la tutela dei diritti delle persone più fragili in ogni ambito sociale. Un prezioso momento in cui poter approfondire l’attuale stato dell’arte sul territorio nazionale, anche, per esempio, per quanto riguarda la pratica sportiva.
In Italia lo sport è da sempre sinonimo di energia, passione e comunità. Eppure, proprio dove dovrebbe nascere integrazione, spesso si alzano barriere invalicabili. La fotografia scattata dagli ultimi report nazionali è chiara: per migliaia di persone con disabilità, il semplice desiderio di fare sport si scontra con strutture inaccessibili, sostegni insufficienti e un sistema ancora lontano dall’essere davvero inclusivo.
Secondo il recente Rapporto Osservatorio Valore Sport 2025, infatti, oltre il 20% degli impianti sportivi italiani risultano inaccessibili alle persone con disabilità. Il documento, redatto da The European House Ambrosetti in collaborazione con il Coni, il Comitato Italiano Paralimpico, l’Icsc (Istituto per il Credito Sportivo e Culturale) e Sport e Salute, evidenzia come il nostro Paese conti circa 77.000 impianti, molti dei quali obsoleti (il 44% risale agli anni ’70-’80) e caratterizzati da gravi barriere architettoniche.
Questa esclusione infrastrutturale si inserisce in un quadro più ampio di domanda in crescita: secondo quanto riportato dall’Istat nell’ultima indagine sul settore, infatti, per l’anno scolastico 2023-2024 si registrano quasi 360.000 alunni con disabilità, pari al 4,5 % degli iscritti (+6% rispetto all’anno precedente e +26% in cinque anni). Nonostante un incremento della quota di docenti con formazione specifica per il sostegno (+10% in quattro anni), permane una discontinuità nella didattica: sempre l’Istat evidenzia che oltre il 57% degli studenti con disabilità cambia insegnante di sostegno da un anno all’altro. Per quanto concerne la pratica sportiva, l’Istituto rileva che nel 2024 oltre 21,5 milioni di persone (il 37,5% della popolazione di 3 anni e più) dichiarano di praticare sport, ma le barriere di accesso possono rendere questa partecipazione meno equa di quanto il dato complessivo suggerisca.
In questo contesto, il No Limits Team di Monza rappresenta un modello virtuoso di integrazione e accessibilità alla pratica sportiva: si tratta di una squadra di pallavolo iscritta a Special Olympics per persone con disabilità intellettive. È stata fondata nel 2017 come frutto della collaborazione tra l’Associazione Silvia Tremolada e il Consorzio Vero Volley, che riconosce il valore che lo sport riveste per tutti e la sua importanza nello sviluppo fisico, psichico e sociale della persona, consentendo anche di approfondire la conoscenza del proprio corpo e delle sue potenzialità, ma pure dei propri limiti.
In particolare, per le persone con disabilità lo sport è un elemento fondamentale, in quanto rappresenta un’opportunità di crescita e di formazione che permette di raggiungere un giusto benessere interiore: “L’elemento più prezioso del lavoro con i No Limits è il valore umano che viviamo ogni giorno insieme ai ragazzi della squadra – afferma Alessandra Marzari, presidente di Vero Volley – Non offriamo solo un’attività sportiva: creiamo un ambiente accogliente in cui ogni persona, indipendentemente dalle proprie abilità, può sentirsi parte integrante di un progetto condiviso. Se non lo si vive è difficile comprendere che significato abbia l’attesa del momento di sport insieme per i ragazzi e per le loro famiglie: ciò che si innesca è invece chiaro sotto i nostri occhi e siamo grati di poter portare avanti progetti come questo e come tutti gli altri che mettono la persona al centro, ad esempio con San Patrignano e ChangeTheGame”.
Attualmente gli iscritti alla squadra sono circa cinquanta, suddivisi in 35 atleti (20 maschi e 15 femmine) e circa 20 partner che arrivano, per esempio, dal mondo del volontariato o dalle scuole superiori. Gli atleti di No Limits condividono il campo di allenamento dell’Opiquad Arena di Monza con campionesse del volley come Paola Egonu e Anna Danesi, ma con regole leggermente diverse. Si giocano vere e proprie partite di pallavolo 6 contro 6, tuttavia per ogni squadra devono esserci sempre in campo 3 atleti e 3 partner, che li aiutano a eseguire azioni sempre più evolute. Ci sono poi tre regole in più rispetto alle partite di Serie A: non si possono effettuare più di 3 battute consecutive per ogni giocatore, al termine dei 3 turni di servizio si esegue una rotazione della formazione; in ogni azione di gioco almeno uno dei 3 tocchi deve essere fatto da un atleta, poiché non possono essere fatti tocchi esclusivamente dai partner prima di mandare la palla nel campo avversario.
Quest’anno la squadra, sponsorizzata da ArgenX, disputerà i secondi Incontri Regionali Ricreativi di pallavolo indetti da Special Olympics sfidando altri 7 team lombardi: Bergamo, Brescia, Cazzago, Montichiari, Morbegno, Agrate e Lodi. Inoltre da anni la rappresentativa partecipa a progetti e manifestazioni organizzate dal Comune di Monza, come “Entra in gioco”, e da quelli limitrofi, che garantiscono una o due giornate al mese di attività agonistica.
Sonia Ciboldi, una delle veterane tra le atlete di No Limits, è stata selezionata per rappresentare l’Italia alla prima World Cup di pallavolo che si è tenuta quest’anno a Katowice in Polonia, classificandosi sesta con la nostra Nazionale: “L’esempio di Sonia è motivo di grande orgoglio della nostra squadra e testimonia la bontà del nostro lavoro – dichiara Massimo Tadini, responsabile del No Limits Team – Personalmente ritengo che questo mondo, che attualmente sta riscuotendo parecchio interesse da enti, aziende e media, debba cogliere l’occasione per fare un salto di qualità, in modo che la parola Inclusione, ultimamente molto in voga, voglia significare un’autentica mescolanza di persone che hanno opportunità diverse dalla vita: finché continueremo a parlare di integrazione di un mondo con l’altro, continuandone con questo a sottolinearne la diversità, non potremo parlare di vera e propria inclusione. Troppe sono le occasioni in cui i due mondi, quello dei “normali” e quello dei “diversi”, stanno insieme integrati nello stesso luogo ma empaticamente separati tra loro. Per questo continuerò a stare vicino, come allenatore, direttore responsabile o nel modo in cui mi sarà permesso a questa realtà in cui tutti servono agli altri per raggiungere uno scopo comune: fare punto e vincere le partite attraversando e vivendo sensazioni, paure, situazioni ed emozioni, come tutti fanno nella propria vita”.
(Fonte Comunicato Stampa)