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Sonja Danilovic a Miami sulle orme di papà Sasha: “Ho scelto la pallavolo perché…”

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Per Predrag “Sasha” Danilović, Miami rappresentò una sfida importante: arrivò nel 1995 dall’Italia (giocatore simbolo della Virtus Bologna con cui giocò prima e dopo la parentesi americana vincendo in totale 4 scudetti, 1 Coppa Italia e 1 Coppa dei Campioni) come uno dei migliori giocatori del basket europeo, portando con sé un carattere forte e un tiro micidiale che lo resero protagonista anche in NBA. Quelle due stagioni in Florida segnarono un momento di crescita e di scoperta, un capitolo fondamentale nella sua carriera.

Oggi, quella stessa città apre le porte a sua figlia Sonja, giovane schiacciatrice serba, classe 2006, che si prepara a intraprendere un percorso simile, ma tutto suo, nella pallavolo universitaria americana. Cresciuta in una famiglia dove lo sport è da sempre un valore fondante e una fonte d’ispirazione, Sonja arriva a Miami con la consapevolezza di aver costruito il proprio talento con pazienza e dedizione. Non è solo il nome che porta, ma l’esperienza di chi ha dedicato anni all’allenamento, alle sfide e alla crescita personale, e ora vuole lasciare il proprio segno, passo dopo passo.

Sonja, per cominciare, potresti raccontarci qualcosa di te: chi sei, la tua personalità, la tua famiglia e il percorso che ti ha portata fin qui?

Mi definirei una persona determinata, ma anche molto equilibrata. Vivo a Miami, dove gioco a pallavolo e continuo i miei studi. Qui è tutto nuovo per me, ma la carriera di mio padre con i Miami Heat mi ha offerto alcune opportunità importanti: ha lasciato un segno indelebile sia come giocatore sia come persona, e grazie alle sue conoscenze ho incontrato amici di famiglia che mi hanno aiutata a integrarmi in questa nuova vita”.

Provengo da una famiglia profondamente legata allo sport: mio fratello minore sta seguendo le orme di nostro padre nel basket professionistico, mia sorella è tennista professionista, mia madre lavora come giornalista sportiva e mio padre è un ex cestista. Il mio percorso fino a oggi è stato ricco di sfide, ma ogni esperienza – dai club locali alle competizioni internazionali – mi ha formato sia come atleta sia come persona, insegnandomi a crescere con passione e determinazione“.

La pallavolo è lo sport che hai scelto, nonostante tuo padre Sasha sia una leggenda del basket. Cosa ha acceso la tua passione per la pallavolo e come hai capito che era la strada giusta per te?

Per quanto ami guardare il basket, non ho mai provato una vera passione nel giocarlo. Al contrario, mi è piaciuto fin da subito il mix di energia, strategia e lavoro di squadra che caratterizza la pallavolo. Il basket è sempre stato presente nella mia vita, ma la pallavolo mi ha dato la sensazione di avere un mondo tutto mio, dove poter esprimere pienamente me stessa. Ho iniziato a giocare da piccola, quando ho capito che la mia altezza poteva essere un grande vantaggio. Nei momenti di tensione, come il punto decisivo di una partita, o nei momenti di adrenalina che precedono una gara, ho sempre sentito di aver fatto la scelta giusta. Scegliere la pallavolo è stato anche un modo per costruire la mia identità: non seguire semplicemente le orme di mio padre, ma creare un percorso tutto mio nello sport. Mi è sempre piaciuto giocare anche con gli amici, a scuola o in spiaggia, e questi momenti hanno reso la mia passione ancora più autentica“.

Ci sono pallavolisti o sportivi in generale che ti hanno ispirata?

Per molto tempo, parlando di fonti di ispirazioni e idoli, ho cercato di uniformarmi agli altri, nominando gli stessi atleti che tutti citavano. Ma non riuscivo mai a sentirmi davvero connessa: mi sembravano sempre lontani, e le loro storie suonavano ripetitive e poco autentiche. Col tempo ho capito che la mia più grande fonte d’ispirazione, nello sport e nella vita, era proprio davanti a me: la mia famiglia. Nessuno può motivarmi più dei miei cari, perché li conosco personalmente e so cosa hanno dovuto affrontare e sacrificare nelle loro carriere. Così, ogni volta che ho bisogno di incoraggiamento, non cerco video motivazionali: chiamo mia sorella, mio fratello, mio padre o mia madre e chiedo loro come hanno gestito situazioni simili a quella in cui mi trovo io“.

Raccontaci del tuo percorso nella pallavolo: gli inizi, i traguardi principali e cosa ti ha portata alla University of Miami.

Il mio percorso pallavolistico è iniziato in modo molto casuale, ma fin da subito sapevo di voler diventare professionista. Ho giocato in numerosi club e con tantissime compagne in Europa, esperienze che mi hanno insegnato moltissimo e mi hanno fornito un bagaglio prezioso per il volley universitario. Ho vinto molte medaglie, ma ricordo con affetto soprattutto quelle conquistate con le nazionali giovanili e la vittoria del campionato sloveno con l’OTP banka Branik. Pur avendo già ricevuto riconoscimenti in precedenza, quest’ultimo mi è rimasto particolarmente impresso, perché sento di aver contribuito concretamente al successo della squadra”.

La scelta del college è stata molto influenzata dagli interessi dei miei genitori. Pur non imponendomi mai di seguire le loro passioni, ho sviluppato un mio interesse per il giornalismo (studia Media Management and Communication, ndr) e per lo sport, una sorta di combinazione delle professioni di mamma e papà. L’University of Miami mi ha colpita per la sua forte cultura accademica e sportiva, per il progetto relativo alla pallavolo e per l’opportunità di vivere e studiare in una città molto dinamica“.

Tuo padre ha giocato a Miami durante la sua carriera cestistica. Ti ha dato qualche consiglio su come approcciarti a questa realtà?

Come dicevo, la carriera di mio padre ha lasciato un segno positivo sulla città e sulle persone, aprendo per me molte porte e opportunità. I miei genitori hanno vissuto a Miami per un periodo, e ovviamente condividono con me consigli preziosi su dove andare e su come vivere al meglio questa città“.

Trasferirsi a Miami per il college è sicuramente una grande sfida. Cosa ti entusiasma di più e quali aspetti di questo nuovo capitolo ti rendono un po’ nervosa?

Non vedo l’ora di giocare a livello universitario e di mettermi alla prova in una delle conference più competitive. Allo stesso tempo, trasferirmi lontano da casa e adattarmi a una nuova cultura rappresenta sicuramente una sfida. Sono un po’ nervosa per l’equilibrio tra studio e pallavolo, ma so di poter contare su un buon gruppo di supporto e di chiedere aiuto ogni volta che ne avrò bisogno. Sono convinta che questa esperienza mi farà crescere, non solo come atleta, ma anche come persona“.

Qual è stata la lezione più importante che hai ricevuto dalla tua famiglia e ti ha plasmato maggiormente sia come atleta sia come persona?

Essere paziente. Credo che la pazienza sia la sfida più grande per un atleta: è difficile restare tranquilli durante la riabilitazione da un infortunio o mentre si aspetta di vedere i frutti di tanto impegno. Mio padre mi ha anche insegnato che nello sport ci sarà sempre un po’ di ingiustizia, e che l’unica cosa su cui possiamo davvero concentrarci è il prossimo passo da compiere“.

Far parte di una famiglia importante dal punto di vista sportivo comporta le sue pressioni. Come gestisci le aspettative degli altri pur costruendo la tua identità e il tuo percorso nella pallavolo?

È vero, ci sono aspettative, ma ho imparato a vederle come una motivazione in più piuttosto che come una pressione. Mi ricordo sempre che sto seguendo il mio percorso: la pallavolo è la mia passione e voglio raggiungere risultati per me stessa, non per confrontarmi con gli altri. Insomma, so chi sono e cosa voglio realizzare. Ho una famiglia bellissima e amici che non mi hanno mai confrontata con nessuno né misurato il mio successo rispetto a quello degli altri, e questo mi ha aiutata moltissimo. Crescendo, molte persone che nemmeno conoscevo facevano commenti duri e negativi, semplicemente perché provenivo da una famiglia che ha raggiunto grandi risultati, ma il sostegno intorno a me mi ha permesso di non essere influenzata“.

C’è un momento o un risultato importante nella tua carriera che ti ha fatto capire che avresti potuto raggiungere alti livelli nella pallavolo?

Quando ero più piccola sono stata invitata a partecipare alla preparazione della nazionale senior. Sapere che allenatori così importanti vedevano qualcosa in me mi ha dato la fiducia per continuare a lavorare e a sognare ancora più in grande“.

Guardando al futuro, quali obiettivi ti sei posta per la tua carriera universitaria e oltre? Come immagini che evolverà il tuo percorso pallavolistico?

Il mio obiettivo a breve termine è crescere come giocatrice e contribuire al successo della mia squadra a Miami. Voglio diventare un elemento affidabile in campo, e spero di imparare il più possibile dalle compagne, dagli allenatori e dal contesto collegiale. A lungo termine, il mio sogno è continuare a giocare a pallavolo a livello professionistico e rappresentare il mio Paese a livello internazionale. So che la strada non sarà facile, ma sono convinta che ne varrà la pena. Al di fuori del campo, spero di applicare tutto ciò che ho imparato nello sport – disciplina, lavoro di squadra, resilienza – in qualsiasi percorso deciderò di intraprendere“.

Intervista di Alessandro Garotta
(© Riproduzione Riservata)

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