Nelle contraddizioni e nei paradossi si può trovare la verità. Non lo dico io, non lo dice il protagonista dell’intervista. Lo sostiene Denis Villeneuve, regista che piace molto sia a me che a Leandro Mosca, il quale certamente conoscerà tutto di uno che si è inventato il cinema distopico contemporaneo. La verità, se vogliamo Villeneuverizzare la pallavolo di Mosca è che la sua vicenda ha molti tratti relativi al paradosso. Campione del mondo con la nazionale, osannato nuovo talento e speranza dell’Italvolley, qualunque cosa questa stessa definizione voglia dire, Leandro sparisce dai radar quest’anno dopo un 2024 per il quale usare l’espressione latina ‘annus horribilis’ è un eufemismo. C’è una dimensione personale in cui non è corretto entrare a gamba tesa, ma c’è una dimensione professionale che dice un fatto su tutti, ovvero che Leandro ha due spalle da rimettere in ordine, due interventi, due degenze, due post operatori. A ventiquattro anni, quando sei in cima alla torre e il popolo ti riconosce tutto e ti acclama dal basso, puoi perdere la testa, puoi optare per un piano B, puoi credere che niente sarà più l’emozione e l’adrenalina di un tempo. Non Leandro, occhi ipnotici, sguardo sempre teso a superare sé stesso, silenzioso ragazzo che si inchina al destino, supera il campo, la vita fuori dal campo e da solo si automedica dalle ferite della vita.
Risorge, il nostro Mosca, è un esempio, risorge col corpo e piano piano anche con la testa, una gran bella testa, che in cinquanta minuti di intervista metto parecchie volte sotto torchio. Sorprendentemente capita che sia lui a fare domande a me, segno di una curiosità e di uno scambio di idee in cui tutto si può mettere in discussione, come solo i ragazzi intelligenti e scaltri alla Mosca sanno fare. Si riparte da Monza, senza particolari proclami e con tanta razionalità.
“Mentalmente devo ancora riprendermi completamente. Non è stato un 2024 semplice, o meglio, è stato durissimo da superare. Sono stato in solitaria, tanto, ma non perché ho voluto, semplicemente la vita ti mette di fronte a momenti che inevitabilmente devi superare da solo. Ad un certo punto sono partito da mia madre a Sydney. Mamma è australiana, ma si è poi stabilita a Osimo e io sono cresciuto lì. Per motivi famigliari è dovuta tornare in Australia e siamo stati assieme per un po’, assieme a mia nonna e ai parenti che vivono lì. È un viaggio che mi ha fatto bene, che mi ha fatto capire molto”.
Partiamo dalla pallavolo.
“La pallavolo non è l’unico mondo che abito, c’è anche altro. Però per me è la cosa più importante in questo momento. È il centro, il fulcro delle mie giornate. Quando le circostanze della vita mi hanno tolto la pallavolo ho capito che ci tengo davvero moltissimo. Ho abbassato la testa e ho cominciato a lavorare duramente per fare sì che il recupero fosse totale e per cercare di tornare dove ho lasciato”.
Chiamiamola ossessione. O la chiamiamo semplicemente maglia azzurra.
“Chiamiamolo obiettivo. Ho ricominciato ad allenarmi in collegiale qualche settimana fa e riprendere lì è stato bellissimo. Mi sono fermato poco prima di toccare lo scopo di ogni componente che indossa quella maglia, ovvero poco prima di Parigi 2024. Dall’amarezza per non aver preso parte ad un sogno che coltivo da quando sono ragazzo devi guarire e lo fai solo pensando che devi, vuoi tornare il prima possibile ai giorni in cui lavoravi per ottenere quella convocazione”.
Poi c’è una stagione da giocare, perché a Monza dobbiamo ancora vedere Leandro.
“C’è tanta voglia di fare e c’è soprattutto la voglia di giocare in questo palazzetto. Sono contento della squadra che saremo. Molti dei nuovi arrivati li conoscevo, con tanti sarà importante trovarsi e lavorare assieme in una veste nuova, inedita. Voglio essere coraggioso e dire che secondo me faremo bene. Non parlo di obiettivi, parlo di buona riuscita del progetto. Io ci credo”.
Quando lei crede ad un progetto vengono fuori i ricordi migliori. Penso a Verona.
“Ero legato alla piazza, ai tifosi che ci hanno sostenuto. Sono anni che ricordo con un alto valore affettivo. Sono felice di aver trovato Verona sulla mia strada”.
Di cosa è fatta la strada di Leandro? Di lei si conosce molto poco.
“Lei intende dire cosa faccio fuori dal campo?”
Credo che i tifosi si innamoreranno della sua persona. A prima vista lei appare lontano. Poi ha un mondo dentro che incuriosirebbe chiunque.
“Ho cominciato a studiare Scienze Motorie. Suono il pianoforte, mi piace molto e vorrei sviluppare la capacità di farlo sempre meglio. Vado al cinema, faccio una vita molto normale”.
Monza è la sua nuova casa. Lei però le colline di Osimo non le dimentica facilmente.
“Credo che una volta che conosci quei paesaggi, quella vita, quella serenità che ti regalano le Marche sia difficile poter pensare di non tornarci a vivere. Mi manca il modo di vivere del Centro Italia, anche se qui sto molto bene. Adesso partirò in Giappone con la curiosità di vedere qualcosa di tranquillo come alcune delle sue parti”.
Tornerà tutto com’era Mosca.
“Devo pensarla così. Voglio che sia così. Fortemente così”
Intervista di Roberto Zucca
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