Yuki Ishikawa, un milanese vero: “Mi piacciono il Duomo e la pasta… e Naruto!”

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Di Roberto Zucca

Dopo oltre otto anni trascorsi nel nostro paese, oltre ad essere diventato una bella certezza del nostro campionato, Yuki Ishikawa è cambiato: si è perfettamente adattato al nostro stile e comincia anche a parlare un discreto italiano. Con la sua Allianz Milano sta disputando un quarto di finale Play Off ostico, che lo vede in campo contro la prima della classe, quella Sir Safety Susa Perugia detentrice del record assoluto di vittorie:

È dura, perché loro sono veramente una bella squadra, e fino ad ora hanno dimostrato di essere la compagine più forte del campionato. Noi dobbiamo arrivare alle partite contro la Sir con tanta voglia di vincere“.

Foto Lega Pallavolo Serie A

Com’è stato finora questo campionato per Milano?

Direi buono. Abbiamo fatto le nostre gare e sicuramente qualcosa non è venuta alla perfezione. Ma siamo cresciuti, e nonostante l’ultimo posto utile in chiave play off, cercheremo di dare il massimo e di fare bene. Ripeto, abbiamo voglia di vincere“.

Lei è arrivato in Italia nel 2014. Mi dice il primo ricordo che ha del nostro paese?

“(ride, n.d.r.) Ricordo che quando sono arrivato a Modena non parlavo e soprattutto non capivo una parola dell’italiano. Conoscevo poco l’Italia, la pallavolo italiana. Ma era una bella sfida, un bel salto di qualità. Sono stato fortunato perché sin da subito ho avuto la fortuna di dividere il campo e gli allenamenti con persone come Ngapeth, Bruno, Piano, Vettori. Da loro ho imparato moltissimo. Poi sono tornato in Giappone per finire gli studi e sono tornato in Italia, e da lì sono stato a Siena, Latina, Padova e infine qui a Milano“.

Mi dica cosa le piace di Milano.

La città mi piace molto. Appena ho la possibilità mi piace andare al Duomo come tutti i turisti giapponesi, che subiscono il fascino di questo monumento cittadino. In più è una città cosmopolita, ci sono tantissimi luoghi in cui, ad esempio, posso mangiare il cibo giapponese“.

Il piatto giapponese che a Milano cucinano meglio?

Il sushi, anche se è un po’ diverso da come lo mangiamo in Giappone. Ma anche il ramen!“.

Il piatto italiano che invece preferisce?

La pasta! La mangio spessissimo quando esco con gli amici“.

foto Powervolley Milano

Della Powervolley invece, a cosa e a chi è più legato?

A tutti. È una bellissima squadra, una bellissima società. Sono molto orgoglioso di far parte di questo team“.

Il ricordo più bello?

La vittoria della Challenge Cup. È stata il primo trofeo europeo vinto da quando sono diventato atleta professionista“.

Nella foto della Challenge è di fianco a Matteo Piano. Tra di voi c’è un bel rapporto di amicizia.

Sì. Ci siamo conosciuti a Modena e Matteo mi ha aiutato ad ambientarmi qui. Abbiamo parlato tanto del Giappone, perché è un paese che lui ama molto. Poi ci siamo ritrovati a Milano, e lui qui è un punto di riferimento. Posta sempre le storie su Instagram con me e scherziamo molto. È una persona che stimo tanto“.

foto Powervolley Milano

A Milano le arrivano ancora centinaia di lettere dai suoi fan?

Sì, mi scrivono e mi mandano disegni, regali. Spesso arrivano alla società o al mio management. Mi fa molto piacere. Con il mio paese c’è da sempre un rapporto speciale“.

La lettera che l’ha colpita di più nell’ultimo periodo?

Ci sono alcuni tifosi che mi hanno scritto prima della pandemia perché dal Giappone sarebbero venuti qui a vedermi giocare. Poi per le restrizioni hanno dovuto aspettare, ma non si sono arresi e quest’anno sono venuti a Milano e li ho conosciuti a fine partita. È stato molto bello“.

Lei e Takahashi siete stati capaci di radunare tantissimi tifosi nel derby giapponese tra Padova e Milano.

Un bellissimo momento. Lui si trova molto bene a Padova e ci messaggiamo spesso. Prima di arrivare in Italia mi ha scritto per sapere come si sarebbe trovato ed ero certo che sarebbe andata bene a Padova, perché è un buon punto di partenza. Infatti è stato molto contento e dallo scorso anno sta facendo un bellissimo percorso“.

Foto Instagram Yuki Ishikawa

Mi diceva prima che si è laureato. In quale disciplina?

In Scienze Politiche. Ho concluso gli studi in Giappone qualche anno fa“.

Ha mai pensato cosa vorrebbe fare in Giappone a fine carriera?

Bella domanda. Non lo so ancora. Mi piacerebbe restare nell’ambito della pallavolo“.

Curiosità. Ma anche da lei si inizia a giocare a pallavolo dopo aver visto Mila e Shiro o Mimì e la nazionale della pallavolo?

No no, non sono così famosi come da voi in Italia. Io forse avrò visto qualche sporadico episodio quando ero più piccolo“.

Ishikawa è appassionato di cartoni giapponesi?

“(ride, n.d.r.) Qualcosa la guardavo. Naruto, i Pokemon, Doraemon. Ma anche Ranma. In Giappone ce ne sono talmente tanti che non riesco a nominarli tutti“.

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Rinaldi, biennale in Giappone: “Vi racconto perché vado, i dubbi iniziali e… Modena”

Sale in Zucca

Osaka Blazers Sakai. Tutto o niente. Bianco o nero, o bianco e rosso se si ragiona per cromatismi della vita, e per la nuova bandiera d’appartenenza pallavolistica di Tommaso Rinaldi. La vita è fatta di cambiamenti, spesso radicali, di sfide che portano uno dei primi di italiani, ma di quelli che si candidano ad essere primi della classe a sbarcare nel campionato nipponico, dopo un passato anche recente fatto di Modena, patria del tifo sfegatato, del palazzetto che si riempie dell’entusiasmo e della mitomania, che è poi tipica del giapponesismo del volley. Lui è Tommaso, occhi di ghiaccio, voglia ed esigenza di essere più grande dei suoi 24 anni, destino di essere grande tra i grandi. 

L’entusiasmo per questa nuova avventura c’è tutto, anche se il pensiero di rinunciare a ciò che lo rende uno dei volti più interessanti della Superlega è tuttora presente.

“Osaka è nata per caso. È una destinazione a cui non avevo mai pensato finché all’inizio dell’anno, l’allenatore dei Blazers mi ha contattato su Instagram per sondare la volontà o la mia curiosità di giocare in un campionato così lontano da casa. Se vogliamo, lontananza a parte, è un campionato davvero diverso dal nostro, ma stimolante”.

Non voglio parlare della trattativa in sé. Volevo capire come è iniziato il suo processo di lento sradicamento da una città che lei ama tanto.

“C’è stato subito il confronto con la mia famiglia e con il procuratore anche solo per capire assieme cosa pensassimo di un passo del genere. Non ho ragionato pensando a ciò che mi veniva offerto, non è stato quello l’aspetto che mi incuriosiva di più. Ho pensato se fosse un’opportunità a quest’età e se davvero il Giappone potesse rappresentare un investimento sulla mia carriera”.

Che risposta si è dato?

“Sono rimasto colpito dall’attenzione e dal pensiero fatto da parte della società. Inizialmente ho pensato anche a Modena, perché non volevo lasciarla. Al di là della società in cui sono cresciuto, in cui ho vissuto per moltissimi anni, il pensiero è andato a ciò che mi ha dato tanto e che avrei dovuto lasciare. Ho un’offerta biennale a Osaka, segno che il progetto è lungo e che la volontà di fare bene c’è tutta”.

So che troverà un giocatore che già conosce.

“Sì, Matt Anderson. Saremo compagni di squadra e potremo fare assieme una bella stagione”.

Anderson e Rinaldi. Possiamo fare delle similitudini?

“Mi dica”.

La pallavolo giapponese vive di simbolismo, un po’ come tutta la cultura. Penso ai vostri due volti. C’è tanto marketing. Siete molto belli, siete due volti innocenti, siete un po’ uno stereotipo occidentale. Il volley un po’ pop vende biglietti?

“Sicuramente faremo clamore. Se parliamo di canoni estetici, rappresentiamo forse qualcosa di pulizia e trasparenza, non so quanto questo conti. Sono un popolo molto devoto alla pallavolo, molto attento, che esprime con moderazione ed educazione la propria gratitudine e il proprio affetto e simpatia nei confronti degli atleti”.

L’emozione c’è?

“C’è curiosità. Partirò ad agosto e sarò solo in questa prima fase. Se mi vuole chiedere quanta paura ho della solitudine, del fatto che sarò dall’altra parte del mondo per la prima volta per così tanto tempo, le dico che dovrò imparare a gestire tutto, ma sono fiducioso. Papà e mamma sono stati determinanti e mi hanno lasciato libero, senza il rimpianto di non avermi più a Modena a due passi da casa”.

Rinaldi, mi fa specie vederla diventare così grande.

“Sono cresciuto anche io. Questa è una grande occasione arrivata nel momento giusto”.

Intervista di Roberto Zucca
(©Riproduzione riservata)