Blengini sul Mondiale: "Non è stato un fallimento. La differenza l’ha fatta la partita con la Serbia"

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Di Redazione

Ispirandosi alla fortunata canzone degli Stadio, il giornalista Jacopo Volpi coniò nel 1994 l’espressione «generazione di fenomeni», scelta per identificare lo straordinario gruppo di giocatori della Nazionale italiana dl volley che negli anni ’90 scrisse pagine indelebili di questa sport, spezzando l’egemonia dei paesi sovietici e infilando una serie di successi senza precedenti. A riportarlo è L’Adige, nell’edizione odierna.

Da Bernardi a Bracci, da Cantagalli a Lucchetta, da Tofoli a Corsano, da Gardini a Giani, da Papi a Vullo, fino ad Andrea Zorzi, il protagonista e conduttore dell’evento che nella giornata di ieri ha coinvolto, in un simpatico scambio di battute, il tecnico della Nazionale Gianlorenzo Blengini e i campioni del Trentino Volley Simone Giannelll e Jenia Grebennikov. In una Sala Depero gremita, tra curiosi, addetti ai lavori e ragazzi delle scuole, Zorzi ha toccato diversi argomenti, parlando del recente Mondiale, di Superlega e, soprattutto, svelando o facendo svelare ai suoi ospiti tanti, interessanti e, ad oggi, sconosciuti (o quasi) aneddoti.

In merito ai Mondiali prende la parola coach Blengini:
«La parola fallimento non mi piace. Purtroppo si tende sempre a voler utilizzare degli aggettivi forti, personalmente la ritengo una cosa superficiale e ingenerosa. Se mi chiedete se sono contento rispondo di no, è ovvio, siamo tutti molto dispiaciuti. Siamo partiti con grande umiltà ma al tempo stesso con importanti ambizioni. Non pensavamo di chiudere al quinto posto, ma lo sport è così. C’erano sette squadre molto forti ed una di queste, la Francia, non si è neppure qualificata alla Final Six. Il fatto che negli ultimi anni ci sia stata una continua alternanza tra squadre che hanno vinto i titoli più importanti significa che si è creata una situazione di estremo equilibrio, in cui spesso sono i dettagli a fare la differenza. – continua – Nel nostro caso, è innegabile, la differenza l’ha fatta la partita con la Serbia».

La Serbia, appunto. Impossibile girare attorno a quella che si è rivelata la vera e propria svolta (in negativo) del Mondiale azzurro.
«Cosa sia successo non lo sappiamo nemmeno noi – ammette Giannelli -. E’ stato un episodio, forse abbiamo accusato la tensione, fatto sta che non eravamo noi, abbiamo sbagliato tante cose a livello tecnico e non siamo mal entrati in partita. Poi va dato merito ai nostri avversari di aver giocato una gara pazzesca. Segnali negativi onestamente non ne avevo captati, i primi ad esser sorpresi di quanto stesse accadendo in campo eravamo proprio noi».

«Cosa cambierei? Nulla in termini pratici – aggiunge Blengini -. Ho provato a cambiare qualcosa, a dare il mio contributo, soprattutto dal punto di vista emotivo, oltre che tecnico. Abbiamo sofferto tremendamente in ricezione, cosa che non era mai successa in tutto il Mondiale e in tutta la preparazione.»

Simpatico, estroverso, guascone. Jenia Grebennikov ha conquistato la Sala Depero con la sua spontaneità e la sua allegria. Zorzi legge a Grebennikov una frase sul tema del record, la risposta del francese è serafica:
«Grazie, ma non ho capito niente della tua domanda…». Applausi e risate.
«Per un libero è difficile fare un record. Cosa posso fare? Ditemelo voi… Si parla di passato. Il mio sogno, fin da piccolo, era quello di arrivare in Nazionale. Giocavo come schiacciatore, mio padre a 18 anni mi prese da parte e mi disse dl fare il libero. Cosi avrei avuto maggiori possibilità. Non finirò mai di ringraziarlo per il suo consiglio. Mi sento più forte in difesa che in ricezione, ricevere non mi piace poi così tanto. Amo prendere dei rischi. Più coraggioso o incosciente? Pazzo, quando attaccano senza muro mi piace buttarmi in mezzo al campo per provare a difendere il pallone».

«Chi è Jenia? Un pazzo – ride Giannelli -. Solo lui poteva difendere un attacco di Leon senza muro come ha fatto in Supercoppa».
«Simone è bravo a far dimenticare a tutti che ha appena 22 anni – aggiunge Jenia -. Lo trovo maturo, parla tanto, come piace a me. Riguarda i  filmati di ogni allenamento? Non lo sapevo. Beh, io no».

«Lo faccio perché penso possa essere dl aiuto alla squadra per migliorare» spiega il regista azzurro.

Chi sono i giocatori ai quali si ispirano il regista e il libero del Trentino Volley.
«Mi piace Ball– dice Giannelliperché penso di avere delle caratteristiche tecniche in comune. Però non ho un modello, cerco di imparare da tutti i più bravi, non solo Ball, anche Ricardo, Bruno».
«Non ho idoli come liberi – aggiunge il francese – anche perché da giovane guardavo solo gli schiacciatori. Adoravo Giba. Ora sono più maturo, osservo anche i liberi: mi piace Verbov, oltre ai miei predecessori Henao ed Exiga per la loro tecnica straordinaria».

La musica sparata alle stelle nei time out dei grandi eventi internazionali infastidisce non poco tecnici e giocatori.
«Nei time out era difficile sentirsi e capirsi. Come faccio a trasmettere tranquillità se per farmi capire devo urlare», attacca Blengini.

Infine, i motivi che hanno spinto Jenia e Simone a scegliere la pallavolo.
«Da piccolo giocavo a hockey -spiega Grebennikov-. Poi papà è diventato allenatore del Rennes e allora ho pensato che con un padre allenatore sarebbe stato più semplice fare carriera…».
«Ho fatto caldo, sci e tennis – aggiunge Simone -. Il tennis ml piaceva, però in campo sei da solo. Quando andavo sotto nel punteggio impazzivo e ne combinavo di tutti i colori. Allora papà, maestro di tennis, mi ha spinto verso la pallavolo».

(Fonte: L’Adige)

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